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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1835
LA FICCANASA1
Slongate er collo assai voi, sora Marta.
Ve scappa forzi2 de sapé un tantino
Che ccosa sc’è drento a sto fiasco? È vvino.
Odoratelo, e annateve a ffà squarta.3
Quanno er padrone mio sta ar tavolino
E ccrede ch’io je guardi quarche ccarta,
Disce sempre: “Né ccòccolo s’incarta
E nné mmano s’inarca,4 sor ficchino.„
Ggià, cche sserve a pportavve le raggione?5
Lavà la testa all’asino è l’istesso
Che spregacce lesscìa,6 tempo e ssapone.
Voi me parete a mmé ccome li preti,
Che sse farìano7 turchi e ccosce8 allesso
Pe’ smania de sapé ttutti li peti.9
10 giugno 1835
- ↑ Curiosa.
- ↑ Vi preme forse.
- ↑ Andatevi a fare squartare: andatevene.
- ↑ Nec oculus in charta, nec manus in arca, lo dicono frequentemente tutti i vecchi. Gli altri si contentano di un equivalente italiano.
- ↑ Portarvi le ragioni.
- ↑ Sprecarci lisciva.
- ↑ Si farebbero.
- ↑ Cuocere.
- ↑ Tutte le minuzie.
Note
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