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Er naso Er ricramo
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1843

LA FITTUCCIA.1

     A ffuria de strazziasse in ner mistiere
De dormì, mmaggnà e bbeve e nnun fà un cazzo,
S’è arrivato a ffà llargo su a Ppalazzo,2
E ll’hanno infittucciato cavajjere.

     Lui dunque, che cconossce ir3 zuo dovere,
De ste fittucce n’ha ccrompate un mazzo,
E a ’ggni vistito, o nnovo o dda strapazzo
Ce l’ha ffatte cuscì ddar cammeriere.

     Anzi, la cosa je sta ttant’a ppetto,4
Che ppuro a le casacche, o ssane5 o rrotte,
De sta fittuccia sce ne vò un pezzetto.

     E ppresto presto m’averò dda iggnotte6
De vedejjel’addosso drent’al letto
Cuscita a la camiscia de la notte.

24 maggio 1843

  1. [Fettuccia, per “nastro, è oramai quasi fuor d’uso in Toscana.]
  2. [Detto così assolutamente, s’intendo sempre quello del Papa.]
  3. [Ho già avvertito più volte che dicono îr invece di er coloro che inutilmente si sforzano di parlar civile. Qui però è detto, per mettere in caricatura il cavaliere.]
  4. [A cuore.]
  5. [L'opposto di rotte]
  6. [Inghiottire.]

Note

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