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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1834
LA GGIUSTIZZIA INGIUSTA
Nonziggnora: sta vorta,1 sora Nina,2
Fate quivico3 voi. Sentite er fatto,
E vvederete poi ch’è un cazzo-matto
Che mmerita d’annà a la Palazzina.4
La cosa sta accusì: jjer’a mmatina
Monziggnore me fesce ammazzà er gatto,
Perch’era ladro, e annava quatto quatto
A rrubbajje la carne de cuscina.
Nu lo sapeva lui ch’er gatto mio
Pativa de quer debbole, com’hanno
Tutti li gatti c’ha ccreat’Iddio?
Mentre de ladri cqua cce n’è un riduno5
Che rrubbeno quadrini tutto l’anno,
E nnun je disce mai ggnente ggnisuno.
8 aprile 1834
- ↑ Questa volta.
- ↑ Signora Caterina.
- ↑ Equivoco.
- ↑ Lo spedale, o, meglio, la carcere de’ pazzi.
- ↑ Radunamento.
Note
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