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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1834
IO
E io? Nun t’aricordi che rrisposta
Che jje seppe1 fà io? Sì ttu, ma io
J’aridisse tratanto er fatto mio,
Come fussi una lettra de la posta.
Bbe’, arrotavi:2 ma ccorpo d’un giudio;
Nu la fesce po’ io la faccia tosta?3
Chi jje lo diede er puggno in d’una costa?
Nu je lo diede io, sangue de ddio?
Ah, ttu ssolo nun sformi?4 e fforz’5 io sformo?
E ssi6 ttu nner giucà stai a la lerta,7
Io me pozzo8 avvantà9 che mmanch’io dormo.
Io so cche ïo co’ sta manina uperta
Io pijjo er deto10 che mme pare, e ll’ormo11
Io nu lo tiengo maipe ccosa scerta.
8 aprile 1834
- ↑ Seppi.
- ↑ Arruotare: fremere.
- ↑ Far la faccia tosta: metter giù i riguardi.
- ↑ Sformare: prorompere in isdegno.
- ↑ Forse.
- ↑ Se.
- ↑ All’erta.
- ↑ Posso.
- ↑ Vantare.
- ↑ Prendere il dito: indovinare il punto al giuoco della morra.
- ↑ Tener l’olmo, è al gioco delle passatèlle “esser condannato a non bere mai.„
Note
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