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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1834
LA LUNA.
O ne sa ppoco er zor dottor Gioconno,
O a nnoàntri1 sce tiè2 ppe ttanti micchi.3
Ggià, sti dottori che sse fanno4 ricchi,
Nun ce n’è uno mai propio de fonno.
La luna popolata com’er monno!
Chi ccià da èsse,5 er boia che l’impicchi,
Drent’in un grobbo che un po’6 è ffatto a spicchi,
Un po’ sparissce, e un po’ ddiventa tonno?
Eh ssì cch’er Papa sarebbe cojjone,
Caso llassù cche cciabbitassi ggente,7
De nun spidicce8 un vescovo in pallone.
Lui sce lo mannerebbe a spass’a spasso,
Quann’anche nun fuss’antro,9 solamente
Pe le liscenze de maggnà de grasso.10
11 giugno 1834
- ↑ A noi altri.
- ↑ Ci tiene.
- ↑ Stolidi.
- ↑ Si fanno, diventano.
- ↑ Ci ha da essere.
- ↑ Un po': talvolta.
- ↑ Nel caso che lassù abitasse gente.
- ↑ Di non ispedirci.
- ↑ Non fosse altro.
- ↑ [Per gustare il nun fuss’antro del verso precedente, bisogna rammentarsi le mille simonie della Curia papale, e il potere concesso ai vescovi di far pagare non solo le licenze per mangiar di grasso ne’ giorni proibiti, per non digiunare, eccetera, eccetera; ma anche di fissar multe a capriccio per le contravvenzioni a questi e altri ordinari comandamenti della Chiesa, e perfino a tutti quelli straordinari che fosse loro piaciuto di stabilire. Nelle quali cose il loro arbitrio era davvero sconfinato. Basti ricordare che il cardinal Cagiano, vescovo di Sinigaglia, il 13 dic. 1844 mise fuori un editto, in cui proibiva agl’innamorati ogni dimestichezza prima del matrimonio, e perfino l’usarsi, senza la presenza di gravi persone, gli stessi uffici d’urbanità, o il farsi regali sotto qualunque pretesto; e, in caso di contravvenzione, comminava la pena del carcere, la scomunica ai recidivi, e, sempre, il sequestro del corpo del delitto, cioè de’ regali! Il testo genuino di questo editto. può vedersi tra i Documenti sul Governo Pontificio, raccolti per decreto del Governo delle Romagne: parte I; Prato, 1860; pag. 324-25.]
Note
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