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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1846
LA MADRE DER CONDANNATO
Ma ddio mio! doppo un mese de spedale,
Che ssi ssarvò1 la pelle fu una sorte,
Va e sse2 vede serrà ttutte le porte
Perchè mmanco parlassi3 ar cardinale!
Capisco che ssi aggnede4 pe’ le corte
E ammazzò er codatario,5 fesce male:
Chi lo nega? Ma adesso er tribbunale
Ha ffatto bbene a ccondannallo a mmorte?
Nun aveva da èsse accarcolato6
Er brutto aripentajjo de la fame
De quer povero fijjo disperato?
Eh! ssi potesse cqua vede7 er zovrano!...
Je vorìa dì:8 “Ssò ste ggentacce infame
Che jj’hanno messo quer cortello in mano.„
5 aprile 1846
- ↑ Se salvò.
- ↑ Si.
- ↑ Nemmeno parlasse.
- ↑ Se andò.
- ↑ Caudatario.
- ↑ Esser calcolato.
- ↑ Eh, si potesse qua vedere: potesse vedersi, ecc.
- ↑ Gli vorrei dire.
Note
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