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Ce sò incappati! Er ricordo (1830)
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1830

LA MALA FINE.

     Ahó Cremente, coggnosscevi Lalla,1
La mojje ch’era de padron Tartajja,
Prima cucchiere e ppoi mastro-de-stalla
De... aspetta un po’... der Cardinàr-Sonajja?2

     Bbe’, gglieri, all’ostaria, pe’ ffà la galla3
E ppe’ la lingua sua che ccusce e ttaja,
Buscò da ’n’antra donna de la bballa4
’Na bbotta, sarv’oggnuno, all’anguinajja.

     A ssangue callo5 parze6 ggnente: abbasta,7
Quanno poi curze er cerusico Mori,
Je sc’ebbe da ficcà ttanta8 de tasta.9

     Sta in man de prete mó ppe’ cquanto pesa:10
E ssi11 la lama ha ttocco l’interiori,
Iddio nun vojji la vedémo in chiesa.

Terni, 29 settembre 1830

  1. Adelaide.
  2. Del Cardinal Della Somaglia.
  3. Il far la galla equivale pe’ Romani al “far la civetta„.
  4. Dello stesso calibro, della medesima condizione.
  5. Caldo.
  6. Parve.
  7. Peraltro.
  8. Così dicendo si indica la misura sul dito.
  9. [Tasta non significa solo, come in Toscana: "quel viluppetto di fila, che si mette nelle piaghe per tenerlo aperte, affinchè si purghino;„ ma significa anche: "specillo.„]
  10. Questa espressione indica uno stato di vita così incerto e vacillante, come l’equilibrio di una bilancia che accenni a uscir di bilico.
  11. Se.

Note

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