Questo testo è incompleto. |
◄ | La medicatura | La gabbella de la carne salata | ► |
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1835
LA MEDICHESSA
Eh, ppe’ ppostème e ppannarisce1 rotte,
È inutile, fijjola, io sò mmaestra
E mme sce ggiucherebbe2 la minestra
Co li spezziali e ll’antre ggente3 dotte.
Pijja un bajocco d’èllera4 terrestra
E un pizzico de tartero de bbótte,
Bbùlleli,5 e ffalli stà ttutta sta notte
Ar zereno de for de la finestra.
Dimani all’arba poi, doppo vistita,6
Cola quell’acqua, ssciacquete a ddiggiuno,
Fallo tre o cquattro vorte, e ssei guarita.
Io sce7 curai ’na vecchia de Nottuno,8
Che mm’arrestò9 obbrigata de la vita.
E sti segreti mii nun l’ha ggnisuno.10
17 gennaio 1835
- ↑ Pannarici: “panarecci„ o “pateréccioli.„
- ↑ Mi ci giuocherei.
- ↑ Le altre genti.
- ↑ Edera.
- ↑ Bóllili.
- ↑ Vestita.
- ↑ Ci.
- ↑ Nettuno, villaggio sul Mediterraneo presso il porto d’Anzio, fondato già dai Saraceni.
- ↑ Restò.
- ↑ Nessuno.
Note
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.