Questo testo è incompleto.
La regazza schizziggnosa La scuperta
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1834

LA MOJJE DISPERATA1

     Di’, animaccia de turco: di’, vvassallo:
Di’, ccoraccio d’arpìa, testa de matto:
Nun t’abbasta no er male che mm’hai fatto,
Che mme vòi strascinà ppropio a lo spallo?!2

     Arzà le mano a mmé!?3 ddiavolo fàllo!4
Pròvesce un po’, cche ddo de mano a un piatto
E ccom’è vvero Cristo te lo sbatto
Su cquela fronte che cciài fatto er callo.5

     Nun vòi dà ppane a mmé, bbrutto caroggno?
Portelo ar meno a st’anime innoscente
Che spireno de freddo e dde bbisoggno.

     Tira avanti accusì: ffalle ppiù bbrutte.
Dio nun paga oggni sabbito,6 Cremente;
Ma ppoi viè cquella che le sconta tutte.

16 marzo 1834

  1. I seguenti versi debbono declamarsi con veemenza d’ira e di pianto.
  2. Metafora presa dal giuoco delle carte, e vale: trapassare il giusto segno.
  3. Alzare le mani su me!
  4. Diavol che tu il faccia!
  5. Che ci hai fatto il callo: che hai incallita nella impudenza.
  6. Dio non paga ogni sabato. Proverbio.

Note

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.