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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1833
LA PISIDA1
Don Diego aveva preso ar Pellegrino2
Du’ anni fa una pisida d’argento,
Senza che ll’argentiere in pagamento
Je potessi scarpì3 mmezzo cuadrino.
Lui je tastava er porzo4 oggni momento;
E ppe’ nnun dajje prausa,5 annava inzino
A rrèggeje6 in parrocchia l’ombrellino
Cuanno che straportava7 er zagramento.
E ddon Diego? Arrotava.8 Arfine in fretta
Serrò jjeri er cibborio der Ziggnone,
E sse messe9 in zaccoccia la chiavetta.
Ito in bottega poi der creditore,
Je disse: “Aló, ffinimo10 sta scoletta.11
Eccheve12 carcerato er debbitore.„
Roma, 13 maggio 1833
- ↑ Pisside.
- ↑ Contrada degli orafi.
- ↑ Carpire.
- ↑ Tastare il polso: chiedere danari.
- ↑ Per non dargli pausa.
- ↑ Reggergli.
- ↑ Trasportava.
- ↑ Arrotare: cioè i denti: arrovellare.
- ↑ Mise.
- ↑ Finiamo.
- ↑ Abitudine petulante.
- ↑ Eccovi.
Note
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