Questo testo è incompleto. |
◄ | L'immassciata de l'ammalato | Chi ha ffatto ha ffatto | ► |
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1833
LA PORPORA
Ch’edè1 er colore che sse vede addosso
A ste settanta sscimmie de sovrani?
Sì, ll’addimanno2 a vvoi: ch’edè cquer rosso?
Sangue de Cristo? Nò: dde li cristiani.
È er zangue de noi poveri Romani
Che jje curre a li piedi com’un fosso,
Cuanno sce3 danno in gola cór palosso4
Come se fa a le pecore e a li cani.
Ner zangue de noi pecore sta a mmollo
Cuella porpora infame; e a nnoi sta sorte
Tocca, per dio, da presentajje er collo.
Epperò le patente de sta Corte
Sò ttutte in carta-pecora e ccór bollo:
Che pprima bbolla,5 e ppoi condanna a mmorte.
Roma, 17 gennaio 1833
- ↑ Che è.
- ↑ Lo dimando.
- ↑ Ci.
- ↑ Stocco.
- ↑ Bollare, nel senso più ovvio ai Romaneschi, significa “togliere altrui il danaro con male arti.„
Note
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.