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Traduzione dal latino di Francesco Leopoldo Zelli Jacobuzi (1902)
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Dei figli dei nobili o dei poveri che sono offerti.
CAP. 59.°
Se per avventura alcuno de’ Nobili
offre un suo figlio a Dio nel monastero;
se esso fanciullo è minorenne, i suoi
genitori facciano la petizione detta di
sopra, e involgano nella tovaglia
dell’altare insieme con l’oblazione la
petizione e la mano del fanciullo: e così
l’offrano. Quanto alle sostanze, o
promettono nell’atto della petizione
stessa, con giuramento, di non dargli
giammai nulla né essi medesimi né per
mezzo di altra persona o in alcun modo,
e neanche porgergli destro di averne.
Ma, non volendo ciò fare, e piacendo
loro offrire in elemosina al monastero
qualche cosa come per mercede,
facciano donazione al monastero di quello
che loro aggrada, riservandosene, se
così vogliono, l’usufrutto. E ogni cosa sia così fermata, che non rimanga
veruna idea in mente del fanciullo, per
la quale ingannato, che Dio non voglia,
perda l’anima sua, come abbiamo per
l’esperienza imparato. Facciano il
somigliante anche i più poveri. Quelli
poi che assolutamente non hanno
niente, facciano la sola petizione, e
coll’oblazione offeriscano il loro figlio alla
presenza dei testimoni.