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- Questo testo fa parte della rivista Rivista italiana di numismatica 1895
LA ZECCA DI CAMPOBASSO
I.
Mai altra zecca, come quella di Campobasso, venne più lentamente, ed ultima tra molte, a dare il suo contributo, modesto, ma interessante, alla numismatica; di maniera che oggi, a diradare le tenebre in cui è involta, pel tempo e per la quasi assoluta mancanza di documenti, o dispersi, o da intempestiva gelosia tenuti nascosti, si corre pericolo d’averne le mani spellate.
Pure la carità di patria e l’affetto al capoluogo della provincia natia m’inducono ad assumere il grave compito d’illustrare la zecca campobassana; e voglia Dio che la materia si renda facile e si presti malleabile al mio povero ingegno.
Ben quindici sarebbero i diversi tornesi, al tipo di Chiarenza, fin oggi conosciuti, secondo gli scrittori e le varietà esistenti; ma io aggiungerò a quelli un altro, non assolutamente inedito, da collocare primo fra tutti. Esso porta:
- D/ – + ✫ CAMPIBASSI ✫ Croce patente.
- R/ – + ✫ CAMPIBASSI ✫ Tempio fiancheggiato da due bisanti. Come da figura posta nella presente monografia.
Fu questo nuovo monumento acquistato (e favoritomi poi) dal Signor Quintilio Perini, gentile proprietario della farmacia Zanella di Rovereto, nel Trentino, tra la primavera del 1891, da un venditore di anticaglie in Genova.
Desso ha il tondello di millimetri venti ed il peso di sette decigrammi.
Colloco il detto tornese innanzi ad ogni altro perchè al Monforte, primo coniatore di moneta in Campobasso, non doveva, per una certa reverenza verso il re che gli dava facoltà di batterla, tornare gradito l’uso d’emblemi troppo vivi e fastosi, e perciò si vedono ai lati del tempio due bisanti e sul dritto e sul rovescio la sola epigrafe che ricorda Campobasso. — Se si tien calcolo poi di quel naturale ordine delle azioni pel quale prima ci diamo ad imitare, poscia a creare, ed un certo senso di politica e di naturale ritrosia, che in ogni passo iniziale c’induce a nascondere il nome ed i segni che lo adombrano, per vedere quale accoglienza ha l’opera nostra, avremo, con probabilità di certezza, un punto d’appoggio per affermare questo il primo tornese della zecca campobassana che quivi cominciò la serie di tale monetazione.
Viene secondo il tornese edito da me nell’aprile di due anni fa su cui è impresso:
- D/ – + ★ CAMPIBASSI ★ Croce.
- R/ – ★ CAMPIBASSI ★ Tempio avente ai lati due gigli, emblema dei re francesi, dai quali Monforte vantavano la discendenza1.
Questo tornese è di deciannove millimetri di diametro e, correggendo un errore ficcato nelle varie ristampe della mia memoria, di sette decigrammi e mezzo di peso.
Veduta, forse, la richiesta, il corso e la mancanza che d’ambedue i tornesi campobassani eravi ne’ diversi mercati nostri e di Levante, come avveniva, del resto, per quelli dei principi latini e greci della Morea e dell’Epiro, e per desiderio di rannodarli più strettamente a quelli di Clarenza e d’Atene si dovette coniare il seguente:
- D/ – + ★ CAMPIBASSI ★ Croce.
- R/ – + ★ CLARENTIA ★ Tempio2
Ma la grande emissione di moneta campobassana, se va tratta una legittima conseguenza dal non scarso numero di campioni giunti a noi, comincia con quella portante nel
- D/ – + ★ NICOLA • COM ★ Tempio.
- R/ – + ★ CAMPIBASSI ★ Croce.
Ed infatti mentre i primi sono rappresentati da due esemplari di sola mistura, e quindi non possiamo affermare se vennero o no impressi in altro metallo, quest’ultimo invece giunse a noi battuto in rame ed in biglione3.
Lo descrive di mistura Vincenzo Lazzari, ed anzi soggiunge che in una varietà, con Nicola Come, l’epigrafe è preceduta e seguita da un fiordaliso4. Carlo Kunz ne registra uno d’egual metallo, scorgendovi pure Nicola Come5. Con identica leggenda ne possiede un campione il conte Nicolò Papadopoli di Venezia e due il Museo provinciale di Campobasso.
Il R. Museo archeologico di Firenze ne ha con tre stelline, due ai lati ed una sotto il tempio, mentre la leggenda Nicola Com è fra due fiordalisi (Fig. IV). Tre sono proprietà del cavalier Luigi Alberto Trotta di Toro e due ne conservo nella mia raccolta, uno di mistura nel quale Nicola Com è chiuso ed interrotto da tre stelline o bisanti ed uno rarissimo di rame. Similmente di biglione e con la dicitura Nicola Com ne riportano la Dissertazione storico-critica della famiglia Monforte6, il Köhler7 ed il catalogo del R. Museo di Napoli8.
Di questo, come del primo tornesc, però, le varietà sono costituite da semplici segni araldici, poiché l’E quadrata di Come, negli esemplari d’imperfetta conservazione che abbiamo, può essere presa pel terzo piede dell’M. allora in uso, e il terzo piede dell’emme per E; se pure non si voglia ritenere questa variante quale amplificazione di numismatici.
Nulla potrei dire su l’ordine cronologico con cui vennero emesse le varietà di questo danaro.
Alla monetina del nuovo signore di Campobasso, che, meno timido de’ suoi antenati, la ornava del proprio nome e titolo, credo, non mancarono i falsificatori, e ad essi, forse, dobbiamo quella che dice nel
- D/ — NICOLA CONN9,
- R/ – FLORENS • P • ACH
una seconda, combinata pure con elementi delle monete d’Acaia, nella quale si legge nel
- D/ – NICOLA COM
- R/ – CLARENTIA10
una terza, che può anche non essere opera di falsarii, ove si ripete al
- D/ – NICOLA COM
- R/ – NICOLA COM11,
ed, infine, una quarta descritta da Giuseppe Galanti e da lui, non so con quale fondamento, attribuita alla zecca di Campobasso, segnata
Ai falsari vanno aggiunti gli autori che scrissero di Campobasso, i quali vollero, con le correzioni e le amplificazioni, non mai documentate da veri nummi, arricchire la fecondità monetaria di questa zecca, ma riuscirono invece ad intrigare la matassa ed a confondere l’animo, con introvabili ed immaginarli tornesi, aventi
- D/ – NICOLA COMES
- R/ – CAMPIBASSI14,
oppure
- D/ – NICOLAVS COMES
- R/ – CAMPIBASSI15,
od anche
- D/ – NICOLA DE MONF
- R/ – COMES CAMPIBASSI16,
ed in ultimo
- D/ – NICOLAVS COMES
- R/ – DE MONFORTE17,
e
- D/ – NICOLA COM
- R/ – DE MONFORT18.
II.
Dal detto fin qui risulta che cinque furono i veri tornesi battuti dalla zecca di Campobasso: uno portante la sola indicazione della città su le due facce ed il tempio fiancheggiato da bisanti, un secondo simile in tutto al precedente, ma in luogo dei bisanti i gigli, ed un altro, modificato in tre varietà distinte da gigli, da stelline e da bisanti, che da un lato porta il nome ed il grado del signore e dall’altro Campibassi.
Tutti però sono di pessima mistura, o, come dice lo Schlumberger, de fort mauvais billon19, cosicché, fatti esaminare da un argentiere, risultarono composti da quasi cinque ottavi di rame e tre di argento.
Ed ora a qual’epoca rimontano essi ed a chi vanno attribuiti?
In altro mio lavoretto20 dissi già che il danaro di Campobasso, con la leggenda Nicola Com, non poteva risalire oltre la metà del secolo XV, mentre quello portante Campibassi da ambidue le facce lo collocavo tra gli ultimi anni del XIV e i primi del XV. Fissai quell’epoca, forte delle ragioni storiche addotte dal Lazzari21 il quale alle tre zecche del regno di Napoli, che ne’ bassi tempi improntarono tornesi col tipo di Chiarenza, mette per momento di attività: a quella di Taranto dal 1308 al 1332, a quella di Sulmona dal 1380 all’86 ed a quella di Campobasso, ultima, dal 1386 al 1462, date che il tesoretto di Napoli, scoverto nel 1886 dimostrò giustissime22.
Però alle ragioni che mi davano allora il dritto di stabilire quel tempo per la monetazione campobassana, ne aggiungo ora un’altra, assolutamente decisiva, per abbattere le conclusioni di Francesco de Saulcy23, il quale assegnava ad essa un’origine comune a quella de’ principi d’Acaia e dei duchi di Atene.
Ne’ tornesi genuini esaminati è osservabile un fatto che può ricondurre ad una giusta valutazione delle epoche. Ed, in vero, guardando i nummi descritti in questa monografia, si scorge di leggieri che le epigrafi comprendono o solo l’emme gotica (CIↃ), o l’emme gotica e l’emme latina (M).
Ma mentre quest’ultima appartiene all’alfabeto medioevale in uso dal secolo XII al XIV, la prima è comune dal XIV al XV; dunque i nummi in cui appare l’emme gotica devono sottostare all’ultimo termine paleografico riconosciuto esatto; e i denari di Campobasso rimangono chiusi in detto periodo.
Dovrei ora, senz’altro, notare i signori che li coniarono, ma prima di ciò è utile stabilire la serie dei feudatari campobassani.
L’elenco per le concessioni del feudo di Campobasso, fatte dai diversi sovrani, secondo i diplomi esistenti nel grande archivio di Napoli24, menziona che dal 1085 al 1250 questo feudo passò a Clemenza, figlia di Ruggiero il Normanno e moglie di Ugone I di Molise, a Clarizia di Molise, a Riccardo di Mandra ed altri che non è il caso di ricordare. Poi rimase devoluto alla corona sino al 1326, nel quale anno fu concesso a Riccardo Monforte, ed, in seguito, a Carlo, a Nicola I e ad Angelo II, tutti della famiglia Monforte. Nicola II Monforte l’ebbe e lo perdette nel 1495. — Indi vengono i Di Capua sino al 1600. — Degli altri è inutile occuparsi.
Nell’elenco dei feudatari ch’ebbero l’investitura della città di Campobasso figurano tutti i precedenti.
La dissertazione storico-critica della casa Monforte rammenta che:
Giovanni di Monforte, venuto di Francia nel regno di Napoli, verso il 1312, e, sposatavi Sibilla di Riccardo Gambatesa e di Tommasella di Molise, ebbe dalla consorte la contea di Campobasso. Da Giovanni e Sibilla nacquero Riccardo e Manfredi.
Riccardo fu signore di Campobasso, ed, in memoria dell’avo materno, aggiunse al proprio il cognome de’ Gambatesa.
Guglielmo, unico figlio di Riccardo, è terzo nella contea di Campobasso. Re Ladislao lo stimò ed amò tanto che nominollo consigliere di stato, e Viceré nella campagna di Roma e Maremma. — Continua anch’egli ad unire i casati Monforte e Gambatesa. Furono suoi figli Angelo, Carlo e Riccardo.
Angelo diviene il quarto conte di Campobasso, e sposa Giovanna di Celano che gli dà solo Nicola I.
Nicola I ai feudi aviti aggiunse, per eredità materna, parecchi altri. Ebbe in moglie una signora di casa Sangro, e da questa i figli Angelo II, Giovanni e Carlo. Avendo parteggiato pel duca d’Angiò venne da Ferdinando I d’Aragona spodestato e riparò in Francia.
Angelo II fu dall’istesso Ferdinando I reintegrato ne’ paterni dominii. Accasatosi con Giovannella Caracciolo, procreò Nicola II e Carlo III.
Nicola II giunge settimo ed ultimo Monforte conte di Campobasso. Egli nel 1495 parteggiando per Carlo VIII, allora sceso nel regno, perdette a sé ed ai suoi i diritti su la contea di Campobasso, che da re Ferrante II si cedettero ad Andrea di Capua.
All’autorità dei documenti citati fin ora, aggiungo quella d’uno storico quasi coevo.
Ncll’Historia del regno di Napoli, scritta da Angelo di Costanzo25, trovansi ricordati parecchi Monforte. Re Ladislao nel 1390, insieme al conte di Campobasso (Guglielmo Monforte) e in un’istessa barca, va incontro, nel porto di Gaeta, alla bella e ricca Costanza di Chiaramonte sua sposa. Indi Nicola di Gambatesa de’ conti di Campobasso nel 1410 è tra i combattenti di Luigi d’Angiò in difesa di Re Ladislao. Un conte di Campobasso nel 1435 (che io credo sia Angelo 1) prende parte alla sfortunata operazione navale di re Alfonso contro l’armata genovese. Nel generale parlamento tenuto da re Alfonso d’Aragona il 28 febbraio del 1443 presenziarono Carlo di Campobasso e Cola di Gambatesa, procuratori del conte di Campobasso loro padre.
Infine nel 1462 Cola di Gambatesa, conte di Campobasso, dichiaratosi per Giovanni d’Angiò, figlio di Renato, contro di re Ferdinando I, dopo la vittoria di quest’ultimo nel 1464 abbandona i feudi nel regno e segue il duca in Francia.
Nota pure lo storico Di Costanzo che i cognomi Monforte e Gambatesa, tutt’uno dopo Giovanni Monforte, si davano egualmente ad individui della medesima casa de’ conti di Campobasso26.
Il Pontano ricorda questi stessi della famiglia Monforte e non altri27.
Ma di chi scrissero i moderni che trattarono la storia di questa città?
Il Galanti28 magnifica solamente Nicola I, fondatore della zecca campobassana, e compiange Nicola II che perdette quanto aveva fra noi e morì dimenticato in Francia. Il Ciarlanti perpetua i medesimi29. Lo Ziccardi30, l’Albini31 ed il Perrella32 citano in tutto od in parte quelli finora ricordati, non altri.
Veniamo adesso all’attribuzione de’ tornesi veri ai signori Monforte che ne dotarono Campobasso.
I due primi nummi che in ambedue le facce portano l’epigrafe Campibassi non devono certamente attribuirsi a Nicola, autore degli altri, e le ragioni sono ovvie. Non segnalandoli mai nessun antico autore di numismatica o di storia, è chiaro ch’essi non furono coniati contemporaneamente agli altri denari di questa terra, e non appartennero a Nicola di Monforte, perchè, ripeto ciò che dissi altra volta, quest’uomo ambizioso, nato a sfoggiare le regie prerogative, fra le quali è il battere moneta, non avrebbe mai tralasciato, a tutto beneficio della città, d’imprimere su di essi il proprio nome.
Dopo de’ tornesi del conte Nicola non vi fu altra emissione di moneta campobassana.
Ma dice il Sambon nella rivista al mio opuscolo33: " Esiste però altro tornese di Campobasso, su cui è ripetuto dai due lati il nome Nicola Coni. Questo strano riscontro sembra indicare che anche il tornese del Di Palma (portante da tutte due le facce Campibassi), possa attribuirsi al conte Nicola figlio di Guglielmo (?) Gambatesa vissuto nella prima metà del XV secolo. „
Permetta l’ottimo gentiluomo che gli faccia osservare come lo Schlumberger, nell’indice delle imitatazioni alle monete campobassane, includa anche quella ricordata da lui, scrivendo: " Sur un troisième, le nom de Nicolas est répété sur chaque face. Ces deniers incorrects sont peut-ètre des produits d’ ateliers secondaires imitant eux-mémes maladroitement l’atelier de Campobasso34." E permetta pure che lo avvisi dell’errore in cui è caduto insieme al Lazzari35, di regalare, cioè, Campobasso d’un conte giammai esistito, come risulta dai documenti e dagli autori citati innanzi; e questo perchè di Nicola I, appellato ora di Gambatesa ed ora di Monforte, si vollero fare due persone diverse, con diversa paternità mentre, in sostanza, dicono un medesimo individuo figlio di Angelo. Questi fu celebre fin dalla prima metà del XV secolo, ma il titolo di conte ed i poteri non li ebbe che alla fine della prima ed al principio della seconda metà.
Dunque lo strano riscontro non può influire su l’attribuzione delle due monetine edite da me, poiché, allora, esse sarebbero la falsificazione o l’imitazione d’altra falsificazione, cosa improbabile; e, ciò che è più strano, mancante d’un carattere essenziale a trarre in inganno nello smercio, vale a dire di tutta o parte l’epigrafe Nicola Com, segnata sempre nelle altre falsificazioni, imitazioni ed amplificazioni del tornese del conte Nicola I, che sola poteva far supporre in loro garanzia di verità.
E quindi mi confermo maggiormente nell’opinione che quello coi bisanti a’ fianchi del tempio debba riferirsi a Guglielmo Monforte-Gambatesa, cui, re Ladislao che l’ebbe carissimo, potette primo concedere la facoltà di battere moneta, mentre l’altro coi fiordalisi, procederebbe dal continuatore della zecca paterna. Angelo I, figlio ed erede di Guglielmo ne’ domini e ne’ privilegi dei conti di Campobasso.
Ambedue le emissioni dovettero essere brevi e poco abbondanti, se riguardiamo che, oltre quelli ribattuti, di esse due campioni solamente, fin ora, sono giunti a noi.
Morto Angelo I, ecco succedergli nella contea di Campobasso e in tutti gli altri feudi Nicola I suo figlio, solenne discepolo di Giacomo Caldora, animo di guerriero e di poeta36 spirito insofferente di giogo, cuore dignitoso di cavaliere che tenta di raggiungere l’ideale di grandezza a cui la nascita, le memorie degli avi, l’incontestato valore proprio gli danno diritto di sperare in quei tempi di rivolta e di disordini, di orgoglio e di fiacchezza, di divisioni e di partiti.
Egli nel 145837, con principesca magnificenza, innalza sul culmine della roccia brulla da cui scende Campobasso, il potente castello che gli permette di fronteggiare un esercito e di spingere lo sguardo su le pendici del Matese e i contrafforti del Maiella, sulle valli del Biferno e i burroni del Fortore. Ivi, tra i canti de’ trovatori e gli esercizi guerreschi, non dimentico che la moneta è il nerbo degli eserciti e la grandezza de’ signori, in pubblico attestato di sua rivolta a Ferdinando I di Aragona e quale sfregio a quel monarca38, fa che i punzoni della sua zecca battano tornesi di mistura e di bronzo, accolti a dovizia su i mercati nostri e d’Oriente, poiché il nome di Nicola I è potente nel regno e celebre di fuori.
La soverchia distanza dall’epoca in cui stampavansi in altre zecche e circolavano, così in Levante come nel mezzogiorno d’Italia, i tornesi di tipo orientale (ed io aggiungo il breve ed oscuro dominio che, nella sua grama e meschina vita, ebbe di Campobasso Nicola II) ci costringono ad escludere la possibilità che de’ danari campobassani debbansi attribuire a quest’ultimo39 quelli con la leggenda Nicola Com, ed alla cittadinanza campobassana gli altri con la dizione Campibassi, messi in luce, come si vuole dal signor Michele d’Alena, segretario capo del municipio di Campobasso, in segno di acquistata libertà dopo la fuga di Nicola II ed ai tempi di Ferdinando II d’Aragona, opponendosi a quest’ultima attribuzione anche i gigli che si vedono in uno di essi.
III.
Il Bianchini, seguito dal D’Alena, con quale fondamento non so, nega che i nummi in discorso furono proprio battuti a Campobasso; però entrambi sono menati, forse, in errore da un fatto costante, ma non molto significativo.
Tutti gli storici ed i numismatici, da me, fin ora, citati, parlano sì di una zecca in Campobasso, ne fissano l’epoca, ne distinguono il luogo, ma, ch’io mi sappia, non viene mai presentata alcuna prova che di essa confermi ivi la materiale esistenza. — Da ciò l’errore. — Ed, infatti, si volle inferire da questa mancanza di documenti che debba intendersi per zecca di Campobasso il luogo ove prima cominciò lo smercio di que’ tornesi, la città che loro dette il nome e che ne serbava nel tesoro; ma giammai quella in cui vennero effettivamente coniati.
Anche questa lacuna m’è data oggi di colmare; e così non avrà più valore l’asserzione del Bianchini e del D’Alena.
Negli archivi della casa comunale di Campobasso è serbata una pergamena del 1464, nella quale Ferdinando d’Aragona, pel valore de’ campobassani, dichiara la città demaniale in perpetuo, le concede d’inalberare un pennone colle regie insegne, e perdona la coniazione di monete ivi fatta in passato40.
Dunque la zecca di Campobasso esistette; e, pur non essendo arrivati a noi i nomi de’ zecchieri che vi lavorarono, essa ebbe vita rigogliosa, ma a sbalzi, dal 1386 al 1464.
Tutto questo ho, con paziente lavoro, potuto raccogliere su la monetazione campobassana; e, mentre chieggo scusa per la meschina opera mia, auguro che altri, più fortunati, sappiano meglio far rivivere le avite memorie gloriose in questa dolce terra dimenticata.
- S. Elia a Pianisi, Ottobre 1895.
Francesco Di Palma |
- ↑ Di Palma F., Moneta inedita di Campobasso.
- ↑ Sambon A., Archivio storico per le Provincie napoletane. Anno XIX, Fascicolo I, pag. 198.
- ↑ Dei tornesi portanti nicola com o come quelli in biglione hanno da 19 a 20 millimetri di diametro e da 7 a 9 decigrammi di peso e quello in bronzo 19 millimetri di diametro e 9 decigrammi di peso. Però io credo che i non corrosi debbano generalmente avere 20 millimetri ed 1 gr.
- ↑ Lazzari Vincenzo, Rivista della Numismatica. Anno 1864. Vol. 1, Fascicolo I.
- ↑ Kunz Carlo, Secondo catalogo d’oggetti di numismatica. Venezia 1855, pag. 55.
- ↑ Dissertazione storico-critica della famiglia Monforte. Napoli 1778.
- ↑ Köhler, Historische Münz-belustigung: pag. 409. Tomo XXI.
- ↑ Fiorelli, Catalogo del Museo Nazionale di Napoli. Monete del Medio evo.
- ↑ Schlumberger G. Numismatique de l’Orient latin, pag. 357, nota 4.
- ↑ A. Sambon e Schlumberger G., Opere citate.
- ↑ Schlumberger G., Opera citata.
- ↑ Questo tornese, punto falso, fu dal Galanti erroneamente detto di Nicola Monforte, e quindi interpetrato Comes Princeps )( Clarentiæ, mentre l’Ill.mo Prof. De Petra, nel catalogo del tesoretto di tornesi trovati in Napoli (pag. 2, n. 1), correggendo, per oculare esame di monumenti, il C. Princeps in G. Princeps, lo attribuisce con storica certezza a Guglielmo di Villehardouin, dando così la vera spiegazione dell’epigrafe nella dicitura Gulielmus Princeps )( Clarentiæ.
- ↑ Giuseppe Galanti, Descrizione dello stato antico ed attuale del contado di Molise 1781.
- ↑ Ludovico Antonio Muratori. Dissertazione XXVII. pag. 410.
- ↑ Vergara Cesare Antonio, Monete del regno di Napoli, 1715 pag. 72 e 73.
- ↑ Dissertazione. — Lazzari, Schlumberger, Opere citate.
- ↑ Dissertazione.
- ↑ Lazzari e Schlumberger, Op. cit.
- ↑ Schlumberger, Op. cit.
- ↑ Di Palma, Op. cit.
- ↑ Lazzari, Op. cit.
- ↑ De Petra G., Tesoretto di denari tornesi trovato in Napoli, 1886. pag. 15.
- ↑ De Saulcy F., Numismatique des Croisades. pag. 169.
- ↑ Albini P. Ristampa de’ Cappuccini in Campobasso. (Scritto del Ziccardi M.).
- ↑ Angelo di Costanzo, Historia de! regno di Napoli, 1710.
- ↑ Di Costanzo A., Op. cit., pag. 177.
- ↑ Pontano G., De bello napoletano.
- ↑ Galanti G., Op. cit.
- ↑ Ciarlanti G. V., Memorie storiche del Sannio.
- ↑ Ziccardi Michelangiolo, I cappuccini in Campobasso.
- ↑ Albini, Biografie e ritratti degli uomini illustri del Molise.
- ↑ Perrella Alfonso., L’antico Sannio e l’attuale Molise.
- ↑ Archivio storico per le Provincie Napoletane Anno 1894. Fasc. I pag. 193.
- ↑ Schlumberger, Op. cit., pag. 357.
- ↑ V. Lazzari, Op. cit., pag. 40.
- ↑ F. Pellegrino., Cola di Monforte conte di Campobasso rimatore napoletano del secolo XV.
- ↑ Perrella A., Op. cit., pag. 202.
- ↑ Galanti G., Opera citata.
- ↑ Lazzaro. Op. Cit. fasc. 41.
- ↑ Queste notizie mi vennero date dal Sig. Michele d’Alena, segretario capo del comune di Campobasso, e, poi, mi furono confermate dal Sindaco di detta città Com. Francesco Bucci.
Mi furono sempre larghi di aiuto e di consiglio, primi fra tutti: il Com. Giulio Frof. De Petra, direttore del Museo di Napoli e il Cav. Francesco Gnecchi, direttore della Rivista numismatica, e poscia il Prof. Ettore Gabriel, il Cav. Luigi Milani del R. Museo archeologico di Firenze, il Cav. Bertoldi del Museo Correr di Venezia ed il gentilissimo Sig. G. Sambon. A tutti vivi ringraziamenti ed all’ettuosi saluti.