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LV. Cantico de frate Iacopone de la sua pregionìa
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Cantico de frate Iacopone de la sua pregionìa.          .lv.


     QVe farai fra Iacouone?       sè uenuto al paragone.
Fusti al monte Pelestrina       anno et mezo en disciplina;
     pigliasti loco malina,       onde ài mo la pregione.
Prebendato en corte i Roma,       tale n’ò reducta soma;4
     omne fama mia s’afoma,       tal n’aggio maledezone.
So aruenuto prebendato       ché l capuccio m’è mozato,
     perpetuo encarcerato,       encathenato co lione.
La pregione che m’è data,       una casa soterrata;8
     arescece una priuata,       non fa fragar de moscone.
Nullo homo me pò parlare,       chi me serue lo pò fare;
     ma èglie oporto confessare       de la mia parlatione.
Porto getti de sparuire,       sonagliando nel mio gire;12
     noua danza ce pò udire       chi sta presso a mia stazone.
Da poi ch’i’ me so colcato,       reuoltome ne l’altro lato,
     ne i ferri so zampagliato,       engauinato en catenone.
Agio un canestrello apeso,       che dai sorci non sia offeso;16
     cinque pani, al mio paruiso,       pò tener lo mio cestone.
Lo cestone sta fornito       sette de lo dì transito,
     cepolla per appetito,       nobel tasca de paltone.
Po che la nona è cantata,       la mia mensa apparecchiata;20
     omne crosta è radunata       per empir mio stomacone.

Rècamese la cocina,       messa en una mia catina;
     puoi ch’abassa la ruina,       beuo e nfondo el mio polmone.
Tanto pane enante afetto,       che n’è statera un porchetto;24
     ecco uita d’uomo strecto,       nuouo sancto Hylarione.
La cocina manecata,       ecco pesce en peuerata;
     una mela me c’è data       et par taglier de storione.
Mentre mangio ad ura ad ura       sostengno grande freddura,28
     leuome a l’ambiadura       stampiando el mio bancone.
Paternostri octo a denaro       a pagar Dio tauernaro;
     ch’io non agio altro thesaro       a pagar lo mio scottone.
Se ne fosser proueduti       gli frati che son uenuti32
     en corte pro argir cornuti,       che n’auesser tal boccone.
Se n’auesser cotal morso,       non farìen cotal discorso;
     en gualdana corre el corso       per hauer prelatione.
Pouertate poco amata,       pochi t’anno desponsata,36
     se se porge uescouata,       che ne faccia arnunzascione.
Alchun è che perde el monno,       altri el lassa como a sonno,
     altri el caccia en profonno;       diuersa han conditione.
Chi lo perde è perduto,       chi lo lassa è pentuto,40
     chi lo caccia al proferuto,       èglie abominatione.
L’uno stando gli contenne,       l’altri dui arprende arprende,
     se la uergogna se spenne,       uederai chi sta al passone.
L’ordene sì ha un pertuso       ch’a l’uscir non è confuso;44
     se quel guado fusse archiuso,       starìan fissi al magnadone.
Tanto so gito parlando,       corte i Roma gir leccando,
     ch’ò ragionto alfin lo bando       de la mia presumptione.
Iaci, iaci en esta stia       come porco de grassìa!48
     lo natal non trouerìa       chi déme lieue paccone.
Maledicerà la spesa       lo conuento che l’à presa;
     nulla utilità n’è scesa       de la mia reclusione.
Faite, faite que uolite,       frati che de sotto gite;52
     cha le spese ce perdite,       prezo nullo de prescione.1
Ch’aio grande capitale,       ché me so uso de male,
     et la pena non preuale       contra lo mio campione.
Lo mio campion è armato,       del mio odio scudato,56
     non pò esser uulnerato       mentre à collo lo scudone.
O mirabel odio mio,       d’omne pena ài signorìo,
     nullo recepì engiurìo,       uergogna t’è exaltatione.
Nullo te troui nemico,       omnechiuegli ài per amico;60
     io solo me so l’inico       contra mia saluatione.
Questa pena che m’è data,       trent’ann’è che l’agio amata;
     or è gionta la giornata       de sta consolatione.
Questo non m’è orden nouo,       che l capuccio longo arprouo;64
     ch’anni diece enteri truouo       ch’i’ l portai gir bizochone.

Loco feci el fondamento       a uergogne & schirnimento;
     le uergogne so co uento       de uessica de garzone.
Questa schiera è sbarattata,       la uergogna è conculcata,68
     Iacouon la sua masnata       curre al campo al gonfalone.
Questa schiera mess’en fuga,       uenga l’altra che succurga;
     se nul’altra non ne surga,       ancho attende al padiglione.
Fama mia, t’aracomando       al somier che ua raghiando,72
     puo’ la coda sia l tuo stando       et quel te sia per guidardone.
Carta mia ua, metti banda,       Iacouon pregion te manda
     en corte i Roma, che se spanda       en tribù, lengua & natione.
Questa stantia sequente
era più in certi libri.
Et di’ co iaccio sotterrato,       en perpetuo carcerato;76
     en corte Roma ho guadagnato       sì bon beneficione.

  1. [p. 195 modifica]prezo nullo de prescione: altroue era de piscione.


Note

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