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XLVII. De la battaglia del nemico
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De la battaglia del nemico.          .xlvij.


     OR udite la battaglia       che me fa el falso nemico,
     et seraue utilitate,       se ascoltati quel ch’io dico.
Lo nemico sì me mette       sutilissima battaglia,
     con quel uenco sì m’afferra,       sì sa metter sua trauaglia.4
Lo nemico sì me dice:       frate, frate, tu sè sancto,
     grande fama et nomenanza       del tuo nome è en onne canto.
Tanti beni Dio t’à facti       per nouello & per antico,
     non gli t’auerìa mai facti       se nogl fossi caro amico.8
Per ragione te demostro       che te poi molto alegrare,
     l’arra n’ài del paradiso       non ne poi mai dubitare.
O nemico engannatore,       como c’entri per falsìa!
     fusti facto glorioso       en quella gran compagnìa.12
Molti beni Dio te fece       se gli auessi conseruati;
     appetito sciordenato       su del ciel t’à trabocato.
Tu diauol senza carne,       et io demone encarnato,
     c’agio offes’el mio Signore       non so el numero del peccato.16
El nemico non uergogna,       a la stanga sta constante,
     con la mia responsione       sì me fere duramente.
O bruttura de sto mondo,       non uergogni de parlare?
     ch’ài offeso Dio et l’omo       en molte guise per peccare.20
Io offesi una fiata,       enestante fui dannato;
     et tu, pieno de peccato,       pènsete d’essere saluato?
O nemico, già non penso       per mio facto de saluare,
     la bontate del Signore       sì me fa de lui sperare.24
So securo che Dio è bono,       la bontà dé essere amata,
     la bontate sua m’à tracta       d’esser de lui namorata.
Se giamai non me saluasse,       non dé essere meno amato;
     ciò che fa lo mio Signore       sì è iusto & èmme a grato.28

Lo nemico sì remuta       en altra uia tentatione,
     quando farai penitenza,       se non prendi la stascione.
Tu engrassi questa carne       a li uermi en sepultura
     deuerila cruciare       en molta sua mala uentura.32
Non curar più de sto corpo,       che la cura n’à l Signore;
     né de cibo né de uesta       non curar del malfactore.
Falsadore, io notrico       lo mio corpo, no l’occido;
     de la tua tentatione       beffa me ne faccio & rido.36
Io notrico lo mio corpo       che m’aiuta a Dio seruire,
     a guadagnar quella gloria       che perdesti en tuo fallire.
Gran uergogna è a te fallace       sostener carne corrupta,
     la battaglia cusì dura       guadagnar lo ciel per lucta.40
Tu me par che si indiscreto       per lo modo che tu fai,
     cruciar cusì el tuo corpo,       et de lui cagion non hai.
Tu deueri hauer cordoglio,       ché è uecchio et descaduto,
     non deueri poner soma       né che solua più tributo.44
Tu deueri amar lo corpo       como ami l’anima tua
     ché t’è grande utilitate       la prosperitate sua.
Io notrico lo mio corpo       dargli sua necessitate;
     accordati simo ensieme       che uiuamo en castitate.48
Per l’astinenza ordenata       el corpo è deuentato sano,
     molte enfirmità ha carite       che patea quand’era uano.
Tutta l’arte medicina       sì se troua en penetenza,
     che gli sensi ha regolati       en ordenata astinenza.52
Vn defecto par che aggi       che è contra la caritate;
     de gli pouer uergognosi       non par ch’agi pietate.
Tu deueri toller frate       che te uol l’om tanto dare,
     souenir a besognosi       che uergognan demandare.56
Et farìe utilitate       molto grande al daitore,
     et sirìa sostentamento       grato a lo recepetore.
Non so più che m’è tenuto       lo mio proximo d’amare,
     et per me l’agio arnunzato       per potere a Dio uacare.60
S’io pigliasse questa cura       per far loro acattarìa,
     perderìa la mia quiete       per lor mercatantarìa.
S’io tollesse & daesse,       nogl porrìa mai satiare,
     et turbàra el daitore       non contento del mio dare.64
Vn defecto par che hagi       del silenzo del tacere,
     multi sancti per quiete       nel deserto uolser gire.
Se tu, frate, non parlassi,       sirìa edificatione;
     molta gente conuertèra       ne la tua amiratione.68
La scriptura en molte parte       lo tacere ha commendato
     et la lengua spesse uolte       fa cader l’om en peccato.
Tu me par che dichi uero,       se bon zelo te mouesse;
     en altra parte uoi ferire       s’io a tua posta tacesse.72

Lo tacere è uitioso       chello ó l’om déi parlare;
     lo tacer lo ben de Dio       quando l deue annuntiare.
Lo tacer ha l suo tempo,       el parlar ha sua stagione,
     curre homo questa uita       fin a consumatione.76
Vn defecto par che hagi:       che lo ben non sa’ occultare;
     el Signor te n’amaestra       ch’en occulto el degi fare.
De far mostra l’om del bene       pare uanaglorioso,
     el uedente exdificato       demostrarli l’om tal oso.80
Lo Signore che te uede,       esso si è el pagatore,
     non far mostra al tuo frate       che sia tratto a farte onore.
La mentale oratione       quella occulta rendo a Dio,
     et lo cor serrat’ha l’uscio,       ché nol uegia el frate mio.84
Ma la oration uocale       quella el frate deue audire;
     che sirìa exdificato,       se la uolesse tacire.
Non se deggon occultare       opere de pietate;
     se al frate l’occultasse,       caderìa en impietate.88
Frate, frate, haime uento,       non te saccio più que dire;
     ueramente tu sè sancto,       sì te sai da me coprire!
Non trouai ancor chiuelli       ch’esso m’agia sì abattuto;
     en tante cose t’ò tentato       et en tutte m’ài uenciuto.92
Tal m’ài concio a questa uolta       che de me sì sta securo;
     che giamai a te non torno,       sì t’agio trouato duro!
Or è bono a far la guarda       che m’ài data securtate;
     omne cosa che tu dici,       si è pien de falsitate.96
Se en tuo dicto me fidasse,       più sirìa che pazo & stolto,
     ché da onne ueritate       sì sè delongato molto.
Io faraio questa guarda,       che staraio sempre armato
     contra te, falso nemico,       et encontra lo peccato.100
Or te guarda, anima mia,       che l nemico non t’enganni
     ché non dorme né cotoza       per farte cadere nei banni.

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