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PRIMO EPISODIO
Si spalancano le porte del tempio, e, dinanzi all’ara d’Apollo, si vede prostrato Oreste, che stringe la spada grondante di Quasi subito, presso a lui compare Apollo |
APOLLO
Io non ti tradirò. Presso o lontano,
t’assisterò sino alla fine, e mite
mai non sarò per gl’inimici tuoi.
Vedi che queste Furie infine ho colte:
giaccion nel sonno le odïose vergini,
le antiche figlie della notte, a cui
non dei Superi alcuno e non degli uomini
né fiera alcuna mescesi. Ministre
qui di ruina vennero: ché pure
sotto la terra, in ruinosa tenebra,
han dimora, nel Tartaro; e degli uomini
le aborrisce la stirpe e degli Olimpî.
Ma pur, tu fuggi, e non fiaccarti: ch’esse
t’inseguiranno; o sia che tu per vasti
piani sospinga l’errabondo piede,
o su le popolose isole e il pelago:
né sostener questa fatica stanco
te renda. E giunto alla città di Pàllade,
posa, e l’antico simulacro abbraccia.
Quivi saranno giudici e ragioni
per farli miti; e spedïenti avrò
che te per sempre dagli affanni sciolgano:
ché io t’indussi a uccidere tua madre.
ORESTE
O sire Apollo, essere giusto sai.
Poi che sai questo, sappi anche esser memore.
La potenza d’oprare è in te ben salda.
APOLLO
Ricorda! Né terror ti vinca l’anima.
Ermete, e tu ch’ài padre il padre mio,
come, o fratello, il nome tuo pur suona,
sii custode, sii guida a questo supplice
mio, sii pastore. Giove stesso onora,
quando la sorte ad essi arride, i supplici.
Oreste fugge, Apollo sparisce. Subito appare l’ombra
di Clitennèstra, e si rivolge alle Furie
CLITENNESTRA
Ehi là! Dormite? E che bisogno ho io
di sonnacchiose? Perché m’offendete
cosí? Perché questa diversa legge?
Neppur fra i morti, poi che morte diedi,
evito io l’onta, ed erro in turpe bando:
ahi!, triste taccia, vi so dir, mi dànno!
Ma il male ch’io patii dai miei piú prossimi,
che fui sgozzata per man di mio figlio,
nessun dei Numi pensa a vendicarmene.
Queste mie piaghe l’animo tuo scorga:
pupille acute ha l’animo nel sonno,
anche se desto poco lungi vede.
Eppur molti lambiste, ed io v’infusi,
libamenti di pure acque e di miele;
e v’imbandii presso la sacra fiamma
notturne àgapi, quando eran deserte
l’are d’ogni altro Nume. E tutto ciò
ora lo veggo sotto i pie’ calpesto.
E colui v’ha deluse, e fugge, simile
a cerbiatto: di mezzo alle reti, agile
via si lanciò, di voi si prese gioco.
Udite, dunque: ch’io vi parlo, inferne
Dive, con tutta l’anima: destatevi:
io nel sonno vi chiamo, io Clitennestra.
FURIE
Russano.
CLITENNESTRA
Voi russate, e quell’uom fugge, è lontano:
ché non son pari ai miei gli amici suoi!
FURIE
Russano
CLITENNESTRA
Troppo dormi, e di me non ti dài cura;
e Oreste, quei che uccise me, s’invola.
FURIE
Russano
CLITENNESTRA
Sonnecchi, russi? Non ti desti? Sbrígati!
Non sai tu dunque fare altro che mali?
FURIE
Russano
CLITENNESTRA
Stanchezza e sonno insieme congiurarono,
e la forza alla fiera idra fiaccarono.
FURIE
Ghermisci, ghermisci, ghermisci, ghermisci!
CLITENNESTRA
La fiera in sogno insegui, e al par di cane
che mai la caccia non oblia, tu mugoli.
Sorgi, che fai? Stanchezza non t’abbatta!
Vedi il tuo smacco! Non t’afflosci il sonno!
Le mie giuste rampogne il cuor ti cruccino.
Son le rampogne, per chi senno ha, pungoli.
Sopra lui soffia il tuo fiato sanguineo,
consumalo con l’alito, col fuoco
dei tuoi visceri, ancora inseguilo, ardilo!
FURIA I
Si desta, e scuote una compagna.
Svégliati! E sveglia quella, io sveglio questa.
Ne scuote un’altra
Dormi? Déstati, dunque, e al sonno càlcitra:
vediam se il sonno fu vano preludio1.
Le Furie si destano una dopo l’altra
FURIA II
Strofe I
Ahimè, che smacco soffrimmo, compagne!
FURIA III
Ahimè, travaglio che invano ho durato!
FURIA IV
Ahi quale affronto, che male insoffribile
dobbiamo plorare!
furia v
Da le reti balzò, fugge la fiera!
furia vi
Vinta dal sonno, perduta ho la preda.
Le Furie si aggruppano in due semicori
intorno all’altare di Apollo.
furia ii
Antistrofe I
Figlio di Giove, ben tu sei furace.
furia iii
Le antiche Dive, calpesti tu giovine!
furia iv
Benigno al supplice, all’uom senza Iddio,
funesto ai parenti,
un matricida, tu, Nume, hai salvato.
furia v
Chi potrà dire che giusta è tale opera?
Strofe II
SEMICORO I
Una rampogna nel sogno giunse,
come l’auriga che a mezzo il pungolo
stringe; ed il fegato
mi batte, e l’anima.
Sotto il flagello
del reo carnefice,
un gelo un brivido ghiaccio m’assidera.
Antistrofe II
SEMICORO II
Tali, dei nuovi Numi le gesta.
Contro Giustizia tengono un seggio
che tutto or gemica
grumi sanguinei.
Contaminata
la sacra pietra
scorgi dall’orride macchie del sangue.
Strofe III
SEMICORO I
Ei, ch’è pur vate, con brama spontanea,
bruttava i recessi fatidici
di macchia domestica;
e, contro le leggi dei Superi,
le Norme antichissime
struggeva, ad onor d’un effimero.
Antistrofe III
SEMICORO II
A me diviene odïoso: né libero
sarà che mai renda quell’empio,
se pur fra le tènebre,
del suolo fuggisse. È colpevole:
a lui nuovo Dèmone
piombare dovrebbe sul cèrebro.