Via di qui, ve l’impongo, uscite súbito,
abbandonate questo antro fatidico,
sí che la scintillante alata serpe
non si lanci su te dall’aurea corda,
e tu non debba, per l’algor, dai visceri
negra spuma cacciar, vomendo i grumi
che sorbisti, di strage. A queste case
tu non devi il tuo pie’ volger; ma dove
si mozzan capi e forano pupille
con giudizî cruenti, ove dei pargoli
si offende il boccio e si distrugge il seme,
dove si muor sotto le pietre, o gente
supina, ai pali infissa, ulula e mugola.
E perché, l’intendete?, a voi dilette
son tali feste, i Numi v’abborriscono.

E all’esser vostro ben la forma addicesi.
D’un lion sanguinario a voi conviene
cercare l’antro; e gli opulenti oracoli
non insozzar con la lordura vostra.
Su via, senza pastore uscite a branco:
ché niun dei Numi amico è di tal gregge!

Ascoltami a tua volta, o sire Apollo.
Complice tu non sei di tal delitto:
solo tu lo compiesti, e n’hai la colpa.

Come? Piú a lungo questo punto spiegami!

L’uom tu spingesti a uccidere sua madre.

Il padre a vendicar l’indussi! Ebbene?

Del nuovo scempio poi t’offristi a tergerlo.

E l’indussi a scampare entro il mio tempio.

E noi che l’inseguiam perché vituperi?...

In questa casa entrar non v’è concesso.

Pure è questo per noi prefisso debito.

Quale? Di’ questo tuo gran privilegio!

Via dalle case i matricidi spingere.

Pur se la madre il suo consorte uccise?...

Non si macchiò di consanguinea strage.

Priva è d’onore, è nulla già la fede
di Giove e d’Era pronuba! Bandita
va per i detti tuoi, spregiata Cipride,

onde hanno ogni maggior dolcezza gli uomini:
ché il sacro letto cui Giustizia vigila,
per la donna, per l’uom, val piú che giuro.
Ora, se tanto indulgi a chi die’ morte
al suo consorte, che tu non lo vendichi,
che all’ira tua non la fai segno, io dico
che non a dritto Oreste ora perseguiti.
Ché tu per uno scempio assai t’adiri,
per l’altro sei palesemente mite.
Ma ciò ch’è giusto, vedrà bene Pallade!

Mai non sarà che di cacciarlo io resti!

Caccialo! Aggiungi travaglio a travaglio.

Non scemar, coi tuoi detti, il mio diritto!

Godere i tuoi diritti, io non vorrei!

Grande sei tu, tu presso a Giove siedi.
Ma la materna strage grida, e insegue
come un cane, quest’uomo, a la vendetta.

Ed io proteggo, io farò salvo il supplice!
Su l’uom, sul Nume che tradisce un supplice,
né v’è costretto, incombe alta vendetta.