< Le mie prigioni
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Capo LVII.

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Arrivammo al luogo della nostra destinazione il 10 d'aprile.

La città di Brünn è capitale della Moravia, ed ivi risiede il governatore delle due provincie di Moravia e Slesia. È situata in una valle ridente, ed ha un certo aspetto di ricchezza. Molte manifatture di panni prosperavano ivi allora, le quali poscia decaddero; la popolazione era di circa 30 mila anime.

Accosto alle sue mura, a ponente, s’alza un monticello, e sovr’esso siede l’infausta rocca di Spielberg, altre volte reggia de’ signori di Moravia, oggi il più severo ergastolo della monarchia austriaca. Era cittadella assai forte, ma i Francesi la bombardarono e presero, a’ tempi della famosa battaglia d’Austerlitz (il villaggio d’Austerlitz è a poca distanza). Non fu più ristaurata da poter servire di fortezza, ma si rifece una parte della cinta, ch’era diroccata. Circa trecento condannati, per lo più ladri ed assassini sono ivi custoditi, quali a carcere duro, quali a durissimo.

Il carcere duro significa essere obbligati al lavoro, portare la catena a' piedi, dormire su nudi tavolacci, e mangiare il più povero cibo immaginabile. Il durissimo significa essere incatenati più orribilmente, con una cerchia di ferro intorno a’ fianchi, e la catena infitta nel muro, in guisa che appena si possa camminare rasente il tavolaccio che serve di letto: il cibo è lo stesso, quantunque la legge dica: pane ed acqua.

Noi, prigionieri di stato, eravamo condannati al carcere duro.

Salendo per l’erta di quel monticello, volgevamo gli occhi indietro per dire addio al mondo, incerti se il baratro che vivi c’ingojava si sarebbe più schiuso per noi. Io era pacato esteriormente, ma dentro di me ruggiva. Indarno volea ricorrere alla filosofia per acquetarmi; la filosofia non avea ragioni sufficienti per me.

Partito di Venezia in cattiva salute, il viaggio m’aveva stancato miseramente. La testa e tutto il corpo mi dolevano: ardea dalla febbre. Il male fisico contribuiva a tenermi iracondo, e probabilmente l’ira aggravava il male fisico.

Fummo consegnati al soprintendente dello Spielberg, ed i nostri nomi vennero da questo inscritti fra i nomi de’ ladroni. Il commissario imperiale ripartendo ci abbracciò, ed era intenerito; — Raccomando a lor signori particolarmente la docilità, diss’egli; la minima infrazione alla disciplina può venir punita dal signor soprintendente con pene severe.

Fatta la consegna, Maroncelli ed io fummo condotti in un corridoio sotterraneo, dove ci s’apersero due tenebrose stanze non contigue. Ciascuno di noi fu chiuso nel suo covile.



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