< Le odi di Orazio < Libro secondo
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Quinto Orazio Flacco - Odi (I secolo a.C.)
Traduzione dal latino di Mario Rapisardi (1883)
Libro secondo - X Libro secondo - XII

XI.


Ciò che il guerriero Cantabro mediti,
    Irpino Quinto, ciò che dall’Adria
        Frapposto lo Scita diviso,
        4Non cercar, non tremare al pensiero

D’angustíosa vita: s’involano
    Gioventù fresca e beltà all’arida
        Canizie, che amori lascivi
        8Ed agevoli sonni discaccia.

Non sempre i fiori d’april pompeggiano;
    Non sempre a un modo rosseggia nitida
        La luna: in propositi eterni
        12A che l’anima breve affatichi?

O perchè, all’ombra d’un alto platano
    Ovver di questo pino sdrajandoci,
        Odorati di rose il crin bianco,
        16E di nardo d’Assiria soffusi,


Finchè ci è dato, non bere? Dissipa
    Evio l’edaci cure. Qual celere
        Garzon dell’ardente falerno
        20Tempra i nappi nell’onda fugace?

Chi fuor di casa trarrà la dèvia
    Ragazza Lide? Su, di’ che affrettisi
        Con cetra d’avorio ed incolta
        24Chioma attorta alla foggia spartana.


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