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L'arco de Campovaccino, cuello in qua Roma capomunni
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1831

LE SCORREGGE CHE SE CURRENO APPRESSO.

     Gran contrasto de venti oggi se sente:
Ciaddòmina1 perantro lo scirocco!
Guarda come cqua e llà scappa la ggente,
4Pe’ ppaura ch’er tempo arzi lo scròcco!2

     Ma er temporale nun sarebbe ggnente
Sino che le campane hanno er batòcco:3
Er malann’è che st’arie d’accidente4
8Pònno appestacce in barba de san Rocco.5

     Lo so bbe’ io, che mme ce so’ incontrato
Dove un lebbeccio straportò una pesta,
Propio de quelle da levatte er fiato.

     12Se stava a la parrocchia, e ffu de festa:
E lo pò ddì la serva der curato,
Che cquer vento j’arzò ssino la vesta!

Terni, 5 ottobre 1831.




  1. [Ci domina.]
  2. [Chi alza lo scròcco, cioè il “cricco„, la “molla„ del coltello, non ha per lo più, e specialmente a Roma, buone intenzioni. Di qui la metafora.]
  3. [Il batocchio, il battaglio. Perchè, come tutti sanno, le campane si sonano anche per iscongiurare i temporali.]
  4. Equivoco d’Occidente.
  5. [Protettore contro le pestilenze.]

Note

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