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A Mario Pieri[1]
Padova, 31 Agosto 1810.
La sig. Treves [2] mi ha mandati quattro esemplari dei vostri discorsi [3] nel giorno medesimo che ho ricevuta la gentilissima vostra dei 26. Gli ho riletti, e mi destarono quel piacere medesimo che la prima volta m’avevan fatto, prova certissima, come ben sapete, del vero loro merito. Ve ne ringrazio anche in nome del caro Pipì, a cui le ninfe boschereccie del mio Terraglio erano più favorevoli che non le siano queste Najadi del Brenta. Ho detto alla signora Marietta che aveva il vostro libretto per essa, nel momento appunto ch’essa stava per partire alla volta di Verona, e intanto lo diedi al di lei fratello che me lo chiese. Credo però ch’essa non sia partita senza il dolce peso, e che se ne sia procurata una copia dal vostro medesimo corrispondente.
Certamente ho ricevuto, ed avidamente e piacevolissimamente letto, l'Omero del nostro Monti, e ne lo feci ringraziare le mille volte. Non gli scrissi quanto mi piaceva quella sua traduzione, perchè tomo sempre, nel lodare una cosa di gran lunga superiore alla forza del mio giudizio, di avere più l’aria di lodare me stessa che la persona a cui è diretto l’elogio. Sarà questa una fantasticheria di modestia, ma pure la è così. Non m’increscerebbe che Monti sapesse da voi questa ragione del mio silenzio. Ricevete i saluti della famigliola, portate i miei, vi prego, al sig. Prefetto, ed a Monsignore. State bene, e credetemi con stima ad amicizia.
Note
- ↑ È pubblicata nelle Lettere d’illustri italiani a Mario Pieri, edite a cura di David Montuori. Firenze, Le Monnier, 1863.
- ↑ Enrichetta Treves, della ricca famiglia israelitica tuttavia stabilita a Venezia.
- ↑ Cioè del discorso: Della falsa povertà della italiana letteratura, letto al liceo di Treviso per la distribuzione dei premi.