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All’Abate Sartori Canova[1]
Pregiatissimo Signore,
Venezia, 11 Maggio 1811.
Sarebbe difficile, anzi impossibile, che io le rendessi conto di tutte le dolcissime sensazioni che provava l’animo mio leggendo la cara sua lettera del 6 Maggio, amabile apportatrice di lieta e cara nuova, più di qualunque altra mai potessi udirne. Oh ben violato segreto, che mi anticipa un godimento, il quale per andar di tempo non sarà mai certamente per illanguidirsi o venir meno!
Io ne ringrazio l’eccellenza del suo bel cuore, e la rara sagacità del suo ingegno, il quale ben conobbe quanta gioia infonderebbe nell’animo mio la nuova di un così generoso contrassegno di bontà, dalla parte di un uomo che io onoro con tutta quella forza di sentimento e d’ingegno che per me si può maggiore.
Sono certa che se la di lui modestia, pari quasi direi al suo ingegno, se il suo ingegno potesse a qualche cosa paragonarsi, non gli avesse impedito di vedere tutta l’estesa del favore che vuol farmi, egli medesimo avrebbe approvato l’amabile di lei pensiero di anticiparmene con la nuova l’esultanza. Non ho comunicato che al solo cavalier Pindemonte la sua lettera, certa della di lui discrezione e dell’affettuosa amicizia ch’egli ha per me. Ella, che tanto conosce il cuore umano, sa bene che ogni lieta notizia si raddoppia e si raffina allora quando se ne fa partecipe chi di noi medesimi al pari ne gode. Stia bene mio gentilissimo S.r Gio. Batta, e mi creda con la più viva riconoscenza e la più sincera stima.
La sua serva ed amica
Isabella Teotochi Albrizzi.
Mi lusingo che il secondo volume delle descrizioni riuscirà meno rozzo del primo.
Note
- ↑ Inedita al Museo e Biblioteca di Bassano.