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CCXXXIX. — Al medesimo
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CCXXXIX. — Al signor De l’Isle Groslot.1


Resto con ammirazione, che avendo V.S. ricevuto lettere dal signor Gussoni delli 3 marzo, non abbia ricevuto con quelle le mie delli 26 febbraio: io però voglio sperare, che, sì come altre volte è avvenuto, più tosto saranno differite per un’altro spaccio, che perdute. Dopo quelle scrissi alli 12 e finalmente alli 26 marzo, al presente ho ricevuto quella di V.S. delli 25 del medesimo mese, onde le sue sono tutte capitate salve. Spero dover avvenir l’istessa buona fortuna anco alle mie.

Io sento molto piacere che la quiete del regno perseveri, con speranza che sia per piacere a Dio nostro Signore di fare che sia continua. Ma tra tutte le cose che mi rendono stupore, è l’audacia de’ predicatori comportata, con tutto che sia fresco l’esempio della lega altre volte nata da simili principii. Non è da dubitare che non ricevano fomento da Roma e Spagna. E se li Gesuiti non fossero occupati nell’esito delle cose di Ungaria e Polonia, non credo che quietassero.

Abbiamo qui avviso che l’imperatore è partito dalla dieta d’Ungaria senza conclusione alcuna, anzi con risoluzione di quel regno di non voler milizia forestiera, e che siano già levate le guarnigioni tedesche esistenti al presente in alcune piazze; e hanno pubblicato tener per cosa ferma di non dover aver guerra da’ Turchi. Quello che di ciò debbia essere, è in mano di Dio. È ben certo che i Turchi accrescono sempre maggiormente le loro preparazioni, e hanno provveduto di ponti per il passaggio del Danubio. Ogni mediocre ingegno, non che l’imperatore Matthias, esercitato in tanti casi, poteva esser certo che la depressione del fratello doveva riuscire a maggior bassezza nel successore.

Non posso ritenermi di non sentir piacere che il duca di Buglione resti in poca stima e dell’una parte e dell’altra. Sarà esempio a quelli che, per avanzare le cose proprie, procurano il deterioramento delle comuni.2

Io diedi conto a V.S. della causa perchè Barbarigo non anderà costì, ma in Inghilterra, e farà la via delli Stati. La duchessa vedova di Mantova è arrivata in Piemonte, e del suo matrimonio col nuovo duca non si sa perchè si rallentino le trattazioni. Nè per ancora si è fatto nuovo moto nella causa di Asti. Tutte le cose sono rivolte alla Germania, alla quale però Roma poco pensa, dicendo non aver molto che perdere in quel paese.

Qui la maggior parte vive alla spensierata, con tutto che bisognerebbe aver pensieri più che non si soleva, per il pericolo che sia serrato il passo de’ Grigioni: al che se Dio non provvede, o per quella via o per altra, quelli che nel tempo del lume non vogliono adoperare gli occhi, nell’oscurità potrebbono pentirsi. Io non sarò più lungo, ma risalutando V.S. per nome delli amici, le bacio la mano.

Di Venezia, il 23 aprile 1613.



  1. Edita come sopra, pag. 564.
  2. Così potessero gli esempi di tal sorta tornar utili in ogni tempo!


Note

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