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In Villa
San Matteo, 20 ottobre 1623
Molto Illustre e Amatissimo Signor Padre.
Gli rimando il resto delle sue camice che abbiamo cucite e anco il grembiale quale ho accomodato meglio che è stato possibile. Rimandogli anco le sue lettere, che, per esser tanto belle, m’hanno accresciuto il desiderio di vederne delle altre. Adesso attendo a lavorare nei tovagliolini, sì che V. S. potrà mandarmi i cerri per metter alle teste, e gli ricordo che bisogna che siano alti, per esser i tovagliolini un poco corti.
Adesso ho rimesso di nuovo Suor Arcangela nelle mani del medico, per vedere, con l’aiuto del Signore, di liberarla dalla sua noiosa infermità, che a me apporta infinito travaglio.
Da Salvadore ho inteso che V. S. ci vuol venire presto a vedere, il che molto desideriamo; ma gli ricordo ch’è obbligato a mantener la promessa fattaci, cioè di venire per star una sera da noi, e potrà star a cena in parlatorio, perché la scomunica è mandata alla tovaglia e non alle vivande.
Mandogli qui inclusa una carta, la quale, oltre al manifestargli qual sia il nostro bisogno, gli porgerà anco materia di ridersi della mia sciocca composizione; ma il veder con quanta benignità V. S. esalta sempre il mio poco sapere, m’ha dato l’animo a far questo. Scusimi adunque V. S., e con la sua solita amorevolezza supplisca al nostro bisogno. La ringrazio del pesce, e la saluto affettuosamente insieme con Suor Arcangela. Nostro Signore gli conceda intera felicità.
figliuola Affezionatissima
S. M. C.