< Lettere al padre < 1631
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Lettera 61
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A Bellosguardo

San Matteo, 11 marzo 1630 [1631]

Molto Illustre e Amatissimo Signor Padre.

La lettera di V. S.’ m’ha apportato molto disgusto per più ragioni, e prima perché sento la nuova della morte dello zio Michelagnolo, del quale mi duole assai, non solo per la perdita di lui, ma anco per l’aggravio che perciò ne viene a lei, ché veramente questa non credo che sarà la più leggiera fra le altre sue poche sodisfazioni, o per dir meglio tribolazioni.

Ma, poiché Dio benedetto si dimostra prodigo con V. S. di lunghezza di vita e di facoltà, più che con suo fratello e sorelle, è conveniente ch’Ella spenda l’una e l’altre conforme al beneplacito di sua divina Maestà, che n’è Padrone.

Così avess’Ella qualche ripiego per Vincenzio, acciò con guadagnar egli qualcosa, a V. S. s’alleggerissino i fastidi e le spese, e a lui si tagliassino l’occasioni del potersi lamentare.

Di grazia, signor padre, poiché V. S. è nata e conservata nel mondo per benefizio di tanti, procuri che fra questi il primo sia suo figlio; parlo nel trovargli avviamento. Ché, quanto al resto, io so che non ci bisognano raccomandazioni, e di questo particolare discorro solo per interesse di V. S., per il desiderio ch’ho di sentire ch’Ella stia in pace e unione con il medesimo Vincenzio e sua moglie, e viversene nella sua quiete. Il che non dubito che sortirà s’Ella gli farà ancora questo benefizio, molto desiderato da lui, per quanto ho potuto comprendere tutte le volte che gli ho parlato.

Sento anco grandissimo disgusto di non poterle dare quella sodisfazione che vorrei circa il tener qua in serbo la Virginia, alla quale sono affezionata, per esser ella stata di sollevamento e passatempo a V. S. Giacché i nostri superiori si sono dichiarati non voler in modo alcuno che pigliamo fanciulle né per monache né per inserbo, perché, essendo tale la povertà del convento quale V. S. sa, si rendono difficili a provveder da vivere per noi che già siamo qua, non che voglino aggiungercene delle altre. Essendo adunque questa ragione molto probabile, e il comandamento universale per parenti e altri, io non ardirei di ricercar da Madonna o da altri una tal cosa. Assicurisi bene che provo una pena intensa, mentre mi trovo priva di poter in questo poco sodisfarla, ma finalmente non ci veggo verso.

Dispiacemi anco grandemente in sentire ch’Ella si trovi con poca sanità; e se mi fossi lecito, di molta buona voglia piglierei sopra di me i suoi dolori. Ma poiché non è possibile, non mano almeno dell’orazioni, nelle quali la preferisco a me stessa. Così piaccia al Signore d’esaudirla.

Io sto tanto bene di sanità che vo facendo quaresima, con speranza di condurla fino al fine, sì che V. S. non si pigli pensiero di mandarmi cose da carnevale. La ringrazio di quelle già mandatemi, e per fine di tutto cuore me le raccomando insieme con Suor Arcangela e le amiche.

figliuola Affezionatissima

S. M. Celeste.

Se V. S. non ha a chi dispensar la carne che gli avanza, io avrò bene a chi distribuirla, essendo stata molto gradita quella che mi ha mandata. Sicché, se avesse occasione, potrebbe talvolta mandarmene.

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