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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti dal 1828 al 1847
LI SANTI GROSSI
Quer zacconaccio1 indove ciariscoto2
Er giulio pe’ mmi’ soscero la festa,
Nun za3 de santi che cce n’è una scesta
Che pponno dà in ner culo a Ssanto Toto.
San Rocco è pprotettore de la pesta:
Sant’Emidio protegge er terramoto:
Santa Bbibbiana sta ssopra la testa:
Santa Luscia sull’occhi. Eppoi te noto
Pe’ la gola San Biascio, pe’ li denti
Sant’Appollonia, e Ssant’Andrea Vellino
Pe’ cchi mmore, dio guardi, d’accidenti.
Pe’ li morti-de-fame San Carlino,4
Sant’Anna pe’ le donne partorienti,
E ppe’ li maritati San Martino.5
10 gennaio 1832
- ↑ Confratello de’ Sacconi nella chiesa di S. Teodoro, chiamata volgarmente Santo Toto.
- ↑ Ci riscuoto.
- ↑ Non sa.
- ↑ Un carlino è in Roma moneta da sette baiocchi e mezzo.
- ↑ Nel giorno di S. Martino dicesi per ischerzo farsi la processione de’ cornuti.
Note
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