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Le du' Colonne Er tosto
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1831

LI COMPRIMENTI A PPRANZO

     E cche jje pare a llei, sor Zebbastiano?
Lei me fa ggrazzia de servimme lei.
Sù, sù, accusì:1 già nn’ho pprenduti sei.
Uh! er cucchiaro! e lli pijji co’ le mano.

     Mó vvojjo favorillo io: nun zaprei...
Armanco sto bboccon de parmisciano.
Ah, ah,2 la proscedenza3 va ar più anziano:
Lo sanno cuesto cquà ppuro l’abbrei.4

     Sibbè cche nun è robba pe’ la quale,5
Puro,6 dico, che sso, in certa maggnera,
Ce poterà scusà si è stato male.

     Vale ppiù cquer piattin de bbona scera7
Che ttutto sto sscialà der carnovale.
Tanto,8 mó mmaggni, eppoi? Cachi stasera.


Roma, 24 ottobre 1831 - D’er medemo

  1. Basta, basta così.
  2. In senso di “no„, coll’a molto prolungata, esprime la negativa assoluta ad un’insistenza attuale.
  3. Precedenza.
  4. Gli Ebrei non istimansi quali uomini a Roma, tantochè, dovendosi parlare d’uomo, si dice un cristiano.
  5. Non conveniente al caso e alla persona.
  6. Purtuttavia.
  7. Il piatto di buona-cera, cioè: “il buon viso nel dare„.
  8. Vale: “poichè ad ogni modo„.

Note

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