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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti dal 1828 al 1847
LI PRETI MASCHI.
Tante bardorie1 e ttanti priscipizzi
Pe’ vvia ch’oggni du’ preti un paro fó...!
Tutti li mappalà,2 ttutte le bbòtte
4A sti poveri còfeni3 a ttre ppizzi:4
Cuann’è un vizzio er fr..à, bbrutte marmotte,
Dateme un omo che nnun abbi vizzi:
Diteme cuale c.... nun z’addrizzi,
8Fra ttanto pipinaro5 de miggnotte.
Doppo che Iddio lo sa cquanto fatica,
Ha dda invidiasse6 ar prete poverello,
11Cuer boccon de conforto d’un’amica?!
No: ssi vvoleva Iddio dajje7 er cappello
A lluminetto, e llevajje la fi..,
14L’averebbe creato senz’u.......
Roma, 11 gennaio 1883. |
- ↑ Strepiti.
- ↑ Imprecazioni.
- ↑ [Cofani]: Cappelli.
- ↑ [A tre punte. E còfeno a ttre pizzi, per “prete,„ è modo comunissimo.]
- ↑ Moltitudine densa; semenzaio; quasi il pépinière dei Francesi.
- ↑ Invidiarsi.
- ↑ Dargli: dar loro.
Note
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