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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti dal 1828 al 1847
LI SCOPATORI IMBROJJATI.
Piano, fijjoli mii, co’ sto scopà.
A sto paese io nun zo’ nnato mo.1
Ho ccinquant’anni in groppa, e mmanch’io so
4Quer che sse possi o nunn ze possi fà.
Viè Mmonziggnore de le Strade2 e vvò
Che sse scopi pe’ ttutta la scittà.
Scappa3 er Vicario4 e vve sce fa llegà:
8Quello disce de sì, questo de no.
Scopate, nun scopate, e nno, e ssì...
Chi diavolo l’intenne? Bberzebbù?
11Io pe’ mmé ancora nu li so ccapì.
Quanno quer che ppe’ un prete è una vertù
per un antro5 è un dilitto da morì,
14A cchiunque dài retta hai torto tu.
27 marzo 1836. |
- ↑ Non sono nato adesso.
- ↑ [Monsignor Presidente del Consiglio della Prefettura Generale di Acque e Strade.]
- ↑ Vien fuori.
- ↑ [Il Cardinal Vicario, sulle cui attribuzioni si veda in questo volume la nota 1 del sonetto: Er giudisce ecc., 26 genn. 32.]
- ↑ Altro.
Note
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