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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1835
LI SPAVENTI DE LA PADRONA
E jjerzera1 me diede un’antra stretta.2
Doppo accesi li lumi, a un quarto e mmanco,3
Stavo in zala accusì ssur cassabbanco
Sbavijjanno4 e bbattenno la scianchetta,5
Quanno, che vvòi sentì!,6 de punt’in bianco7
Quela testa de matta mmaledetta
Me se8 mette a strillà da la toletta
C’uno scorpione je sbramava9 un fianco.
Curro de furia, spalanco la porta,
E ttrovo lei che sse vieniva meno10
Sopr’a la cammeriera mezza morta.
Credi che ffussi11 uno scorpione? Eh ggiusto!
Era un pizzo d’un osso-de-bbaleno,12
Che jj’ussciva cqui ggiù ffora der busto.
8 settembre 1835
- ↑ E ieri a sera.
- ↑ Un altro orgasmo.
- ↑ A meno di un quarto d’ora di notte.
- ↑ Sbadigliando.
- ↑ Gambettando.
- ↑ Che voi udire?
- ↑ All’improvviso.
- ↑ Mi si.
- ↑ Le sbranava.
- ↑ Si veniva meno: veniva meno.
- ↑ Fosse.
- ↑ L’estremità di un osso di balena.
Note
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