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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1835
LO SBAJJO MASSICCIO
Quanno zomporno1 a Ddio li schibbizzi2
De mette3 er monno ar monno e ccreà ll’omo,
Diede a cquesto la Lègge e ll’antri indizzi
Pe’ vvenì bbon cristiano e ggalantomo.
Ma ssuccesso lo scannolo4 der pomo,
Prima causa der còfino5 a ttre ppizzi,
D’allor impoi chiunque nassce è un tomo6
Pien de magaggne e ccarico de vizzi.
Pijja la secolare e ll’eccresiastica,
In oggn’arte sce cova un buggerìo7
De malizzie e ppeccati; e Iddio la mastica.8
E ttante rare sò l’azzione bbelle,
Che, a lo scoprinne quarchiduna, Iddio
Va in estis9 e nnun cape in ne la pelle.
16 gennaio 1835
- ↑ Zomparono, per “saltarono.„
- ↑ Ghiribizzi.
- ↑ Di mettere.
- ↑ Scandalo.
- ↑ Cofano per “cappello.„
- ↑ Turbo.
- ↑ Ci cova un fermento, un viluppo, ecc.
- ↑ La sente male.
- ↑ Va in estasi.
Note
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