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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti dal 1828 al 1847
LOTTE A CCASA.
1.
Cor zu’ bbravo sbordone1 a mmanimanca,2
Du’ pellegrini, a or de vemmaria3
Cercaveno indóv’era l’osteria,
4Perch’uno aveva male in d’una scianca.4
Ce s’incontra er zor Lotte, e jje spalanca
Er portone discenno: “A ccasa mia.„
E llòro je risposeno: “Per dia,5
8Dimani sarai fio dell’oca bbianca.„6
Quelli èreno du’ angeli, fratello,7
Che ar vedelli passà li Ghimorrini8
11se sentinno9 addrizzà ttutti l’u.......
E arrivònno9 a strillà, fijji de mulo:
“Lotte, mànnece10 giù li pellegrini,
14Ché cce serveno a nnoi pep’ ddajje in .....„
17 gennaio 1832. |
- ↑ Bordone.
- ↑ Mano sinistra.
- ↑ Ave Maria: le ventiquattro ore italiane.
- ↑ [Cianca, che, familiarmente o scherzevolmente, si dice anche a Firenze, per] “gamba.„
- ↑ Restrizione di bestemmia.
- ↑ Il figlio dell’oca bianca è “l’esente privilegiato da un danno comune.„
- ↑ [Caro mio, amico mio, ecc.]
- ↑ Abitanti di Gomorra.
- ↑ 9,0 9,1 Sentirono, arrivarono.
- ↑ Mandaci.
Note
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