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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti dal 1828 al 1847
SARA DE LOTTE.
2.
Disse l’Angelo a Llotte tal e cquale:
“Tu, le tu’ fijje, e la tu’ mojje Sara
Currete sempre ggiù pe' la Longara1
4Senza mai guardà arreto2 a lo Spedale.„
Però la mojje, ficcanasa3 e avara,
Ammalappena4 l’Angelo arzò ll’ale,
Svortò la testa, e ddiventò de sale,
8Mejjo de cquer che ddànno a la Salara.5
S’oggiggiorno tornàssino ste cose,
Dico de diventà ssale in un sarto6
11Tutte le donne avare e le curiose,
Co’ le molliche7 sole de lo scarto
Ce se farebbe un bèr letto de rose
14A sti ladri futtuti de l’apparto.8
17 gennaio 1832. |
- ↑ Strada di Roma in capo alla quale è lo Spedale di Santo Spirito.
- ↑ Indietro.
- ↑ Curiosa.
- ↑ [A-mala-pena: appena.]
- ↑ [Il gran magazzino de’ sali.]
- ↑ Salto.
- ↑ Bricioline.
- ↑ Correva in Roma una voce che accusava gli appaltatori dell’amministrazione de’ sali e tabacchi di avere jugulato il Governo in que’ tempi difficili, guadagnando il doppio della corrisposta annua a scapito dell’esausto erario. [Il 3 nov. 1833, il marchese Santacroce, consigliere della Legazione sarda a Roma, scriveva al Ministro degli affari esteri a Torino queste gravi parole: “Quanto alle pubbliche entrate, tutto tende alla rovina...... L’appalto del tabacco, ceduto ad una società ove primeggia il Torlonia, è stato di tanto danno al Governo, che nell’anno 1832 l’utile, il quale si è potuto celare, ha dato il 36 p. % da dividersi fra i soci. In meno di tre anni si sono fatti tre imprestiti, dei quali i primi due hanno dato ai soci Torlonia e Rotschild un 30 p. % di guadagno secondo le tariffe di Borsa.„ Bianchi, Op. e vol. cit. pag. 499.]
Note
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