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O caro indico germe, oh quai diporti Questo, Giacopo mio, sconcio funesto
Questo testo fa parte della raccolta Bartolomeo Dotti

VI

IL FUMARE E LA MESTIZIA

     Muse, poiché non so co’ canti vostri
i terreni placar purpurei numi,
echeggiar piú non fo d’Amicla i chiostri,
né gorgogliar di Pindo i dolci fiumi.
     Questa canna è mia penna, e questi fumi
mi servon giá di genïali inchiostri,
onde scrivo de l’aria in sui volumi
a cifre vagabonde i dolor nostri.
     Sorgono l’atre note, in cui diffondo
i cordogli onde muto io mi querelo,
e i nembi del mio cuor fra i nembi ascondo.
     Quindi ritrar qualche conforto anelo,
ché se i sospiri miei non cura il mondo,
gli accoglie almeno in questo fumo il cielo.

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