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XIII
PER IL SIG. LORENZO FABBRI.
Nel paese di Lucca il bel Collodi
Mi fece, ivi lo stesso mi disfece,
Le genovesi mura mi albergaro
Lunga stagione, e rimirai del Sole
Quaranta volte ritornare al Tauro
Le belle rote; non mi fe’ d’argento
Natura in fasce copïoso erede,
Nè me ne calse: Io ben serbai nel petto
Anima pura, e degli amici amica.
Altro non debbo dir, perchè s’intagli
Questo sepolcro mio de’ miei costumi.
Avverrà forse, che per gentil modo
Cura ne prenda Gabbriel Chiabrera,
Cui vissi caro; e s’avverrà ch’ei sparga
La rimembranza mia d’oscuro obblío,
Nulla non monta: di Parnaso i canti,
Le lunghe istorie, di che van famosi
Tanto gli Scipioni e gli Alessandri,
Non recano conforto in questo regno
Oltramondano. È vanitade il mondo,
Son vanitate le sue glorie, ed empie
Rio lusinghier di vanitate altrui,
Se ben salda ragion non nel difende.