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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Biografia di Paolo Costa.djvu{{padleft:18|3|0]]per essere, conosciute.” Combattè alcuni principii sovra i quali sono fondate le teoriche dell’Hume, del Reid, del Kant e di altri filosofi. Fece un’appendice alla ideologia, nella quale disse contro la sentenza dell’ab. Rosmini, che aveva tolto a screditare le dottrine del Locke e del Condillac, ed a recare a nuova vita il sistema delle idee innate[1]. Per voler esser breve taccio le lettere al Ranalli al Biondi, al Rusconi; ma non posso passare sotto silenzio l’epistola a Cesare Mattei, nè i quattro sermoni sovra l’arte poetica dedicati a Giordano de’ Bianchi marchese di Montrone; nelle quali poesie è vivezza d’immagini, verità di precetti, leggiadria di stile, armonia maravigliosa.

In questo mezzo Pietro Fiaccadori tipografo aveva preso a stampare in Parma le opere tutte del nostro autore, da lui stesso emendate; e n’erano già usciti tre volumi contenenti le cose di filosofia, allorchè ’l mal suo inveterato non gli lasciando più pace, ed avendogli presso che consumate le forze, si mise in letto, dove assalito da punture atrocissime statuì di farsi cavare la pietra, e finir quel dolore o la vita. Il dì 20 decembre del 1836 scrisse dal letto una lettera alla sorella, nella

  1. Un certo sig. V. T. non si è vergognato di asserire che il “nuovo ideologo (il Costa) fece una ritrattazione della sua dottrina materialistica ed arretrata d’un secolo, appena il Rosmini gliene mostrò l’assurdo ed il vano.” A questa temeraria ed ingiusta accusa ha fatto convenevole risposta il prof. Caleffi nel citato suo Discorso a car. 74. 75., e non sarà forse discaro a chi legge ch’io riferisca qui le sue stesse parole. “Quanto poi alla supposta ritrattazione che si pretende aver fatta delle proprie dottrine, appena il Rosmini gliene mostrò l’assurdo ed il vano, basterà l’avvertire, giovani amici, che il prof. Costa era per le lunghe e gravi fatiche durate nello studio dell’uomo troppo convinto della solidità de’ suoi principii per non lasciarsi imporre dall’autorità di uno scrittore, d’altronde di molto merito, il quale vorrebbe aborriti e proscritti Locke, Condillac e tutta la sua scuola per sostituire ad essi nel pubblico ammaestramento la vecchia filosofia scolastica, il misticismo esaltato, e un illimitato teocratismo. E a comprovare maggiormente l’assurdo di tale pretesa vi concorre eziandio un incontrastabile fatto, e questo si è che oltre le correzioni, le note e le aggiunte colle quali decorò il Costa la seconda edizione della sua opera, all’oggetto di accrescere luce e vigore alle sue dottrine, egli collo stesso intendimento pochi dì innanzi che il termine toccasse della sua nobile carriera altre ne somministrò al sig. Ricordi, il quale lodevolmente conciliando le sue tipografiche speculazioni con quanto può tornare ad utile e ad onore d’Italia, ne intraprese e compi di recente in Firenze la terza edizione ec.”
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