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Rime 109

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  Et suspecto diventi el tuo bel seno
  A’ naviganti; il nuvolo e ’l sereno
  In te riversin fumo solfo et fuoco.
Ché ài corropto la più casta menteFonte/commento: editio maior
  Che fosse ’n donna, con la tua licenza[1],10
  Se ’l ver mi disser gli occhi non è guari.
  Là ond’io sempre viverò dolente,
  Come ingannato da folle credenza:
  Or foss’io stato cieco non à guari![2]


LXXIII.

O miseri occhi miei più ch’altra cosa,
  Piangete omai, piangete, et non restate[3]:
  Voi di colei le luci dispietate
  Menasti pria nell’anima angosciosa,
  Ch’ora dispreza; voi nell’amorosa5
  Pregion legaste la mia libertate[4];
  Voi col mirarla più raccendavate
  Il cor dolente, ch’or non truova posa.
Dunque piangete, et la nemica vista
  Di voi spingete col pianger più forte,10


  1. Si son dunque avverati i timori espressi nel son. LXV.
  2. La ripetizione della parola guari in rima tradisce l’insistenza con cui il pensiero doloroso si ripresenta alla mente del poeta: poc’anzi egli à veduto coi suoi propri occhi che la casta Fiammetta è venuta meno alla fiducia in lei riposta!
  3. È quasi un seguito logico del sonetto precedente. Gli occhi, che ànno scoperto il tradimento della donna, son colpevoli di aver fomentato in ogni modo e per tanti anni l’amore del poeta: tocca ora ad essi riparare al mal fatto.
  4. Cfr. XVII, 5-7; XXV, 9-11.
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