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Rime 157

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Vana speranza et vera povertate
  Et l’abbagliato senno delli amici10
  Et gli lor prieghi ciò mi fecer fare.
  Ma non goderan guar di tal derrate[1]
  Questi ingrati meccanici[2], nimici
  D’ogni leggiadro et caro adoperare[3].Fonte/commento: editio maior


CXXIV.

AL MEDESIMO.

Già stanco m’ànno et quasi rintuzato
  Le rime tua accese in mia vergogna;
  Et, quantunque a grattar della mia rogna[4]
  Io abbia assai[5], nel mio misero stato,
  Pur ò tal volta, da quelle sforzato,5
  Risposto a quel che la tua penna agogna,


  1. La Lettura.
  2. «Uomini rozzi, materiali.»
  3. Cfr. XCI, 4.
  4. Fu questa una delle varie manifestazioni della malattia, probabilmente diabete, da cui era stato colpito il Boccacci non prima dell’aprile 1373. Di essa così lo scrittore in una lettera del 28 agosto di quest’anno a Mainardo Cavalcanti: ‘Dall’ultima volta che io ti vidi, o da me sempre onorando, la mia vita ognora fu similissima alla morte...; imperocchè prima di tutto ebbi ed ò tale un continuo ed igneo prurito, ed una scabbia secca, a togliere le aride squamme della quale e la scoria appena basta l’unghia assidua il giorno e la notte: inoltre una pesante pigrizia del ventre, un perpetuo dolor di reni, gonfiezza di milza, incendio di bile, tosse soffocante, raucedine, il capo intronato, ed altri molti malanni’ (trad. di F. Corazzini).
  5. «Abbastanza.»
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