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discorso proemiale XIX

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IV.


Dopo questa dimostrazione analitica dei pregi e difetti dell’ediz. ranieriana, non farà meraviglia che l’insufficienza di essa saltasse agli occhi, molto prima che si conoscessero le carte napolitane, di alcuni valenti leopardisti, i quali, forti solo della riconosciuta loro competenza nella materia e mossi dal lodevole desiderio di dare un testo criticamente vagliato delle grandi opere del Recanatese, si provarono in tentativi più o meno parziali e conclusivi, quanto loro permettevano le condizioni degli studi a quel tempo e la conoscenza assai limitata de’ materiali critici.

Il primo e più notevole di questi tentativi fu fatto da Camillo Antona-Traversi intorno al 1887,[1] allorchè valendosi degli autografi esistenti in casa Leopardi, diede con molta cura e diligenza, e con quella esattezza che in tal genere di lavori è umanamente possibile, il testo critico, oltre che delle due traduzioni poetiche dell’Odissea e dell’Eneide e specialmente del mirabile Inno a Nettuno, anche delle due canzoni Sul monumento di Dante e Ad Angelo Mai, di cui resta in casa Leopardi una delle prime redazioni autografe con notevoli correzioni, quella appunto che servì alla 1ª stampa romana del ‘18 e alla bolognese del ’20; e valendosi, in mancanza degli autografi di alcune copie mss. lasciate da Paolina, cercò dare anche il testo e le varianti di alcuni Idilli. Se quest’ultima prova, fatta su apografi non sempre esattissimi, non poteva aver per la critica del testo un gran valore, l’aver dato fin d’allora il testo e le correzioni delle due canzoni predette, riscontrate diligentemente sugli autografi e sulle stampe, è pur titolo di onore al chiaro ed infaticabile letterato. Il quale, dopo questo saggio, pensò a un lavoro più ampio e compiuto, cioè ad una edizione

[2]

  1. Canti e versioni di G. L. pubblic. con numerose var. di su gli autogr. recanat. da Camillo Antona-Traversi, Città di Castello, Lapi, 1887.
  2. emendamenti da farsi all’ediz, ranieriana, basandosi sul confronto tra detta ediz. e gli originali, ora recanatesi, che ad essa servirono. È naturale che, avendo egli tenuto come base detti originali (e non napolitani che allora, nel 1899, non erano ancora a disposizione del pubblico), cioè quegli stessi su cui si era fondato il Mestica per la sua ediz. barber. del 1886. non solo non abbia potuto rilevare tutte le mende d. ediz. ranier., ma qualche volta abbia inconsapevolmente errato egli stesso nelle proposte correzz., specialmente in parecchie de La gin. E similmente può dirsi di quelle ch’egli chiama «varianti» tra l’ediz. d. Mestica e gli originali recanatesi, tra le quali alcune si posson chiamare piuttosto sviste che varianti.
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