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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Canti (Leopardi - Donati).djvu{{padleft:188|3|0]]:Ivi, v. 18. . . . Evviva, evviva[1].
- (v. 118)
L’acclamazione «viva» è portata nel Vocabolario della Crusca, ma non «evviva». E ciò non ostante io credo che tutta l’Italia, quando fa plauso, dica piuttosto «evviva» che «viva»; e quello non è vocabolo forestiero, ma tutto quanto nostrale, e composto, come sono infiniti altri, d’una particella, o vogliamo, interiezione italiana, e d’una parola italiana, a cui l’accento della detta particella o interiezione monosillaba raddoppia la prima consonante. Questo è quanto alla puritá della voce. Quanto alla convenienza, potranno essere alcuni che non lodino l’uso di questa parola in un poema lirico. Io non ho animo d’entrare in quello che tocca alla ragion poetica o dello stile o dei sentimenti di queste canzoni, perché la povera poesia mi par degna che, se non altro, se l’abbia questo rispetto di farla franca dalle chiose. E però taccio che laddove s’ha da esprimere la somma veemenza di qualsivoglia affetto, i vocaboli o modi volgari e correnti, non dico hanno luogo, ma, quando sieno adoperati con giudicio, stanno molto meglio dei nobili e sontuosi, e danno molta piú forza all’imitazione. Passo eziandio che in tali occorrenze i principali maestri (fossero poeti o prosatori) costumarono di scendere dignitosamente dalla stessa dignitá, volendo accostarsi piú che potessero alla natura, la quale non sa e non vuole stare né sul grave né sull’attillato quando è stretta dalla passione. E finalmente non voglio dire che se cercherai le Poetiche e Rettoriche antiche o moderne, troverai questa pratica, non solamente concessa né commendata, ma numerata fra gli accorgimenti necessari al buono scrittore. Lascio tutto questo, e metto mano all’arme fatata dell’esempio. Che cosa pensiamo noi che fosse quell’«Io» che troviamo in Orazio due volte nell’ode seconda del quarto libro[2], e due nella nona dell’Epodo?[3]. Parola, anzi grido popolare che non significava altro se non se indeterminatamente l’applauso (come il nostro «viva»), o pure la gioia: la quale, per essere piú rara e breve delle passioni, è fors’anche la piú frenetica; e per questo e per