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St, I, v. 14.            . . . O con l’umano
valor contrasta il duro fato invano?[1]

Il Casa nella prima delle Orazioni per la lega[2]: «Né io voglio di questo contrastare con esso lui». E nell’altra[3]: «Conciossiaché di tesoro non possa alcuno pur col re solo contrastare». Angelo di Costanzo nel centesimosecondo sonetto: «Accrescer sento e non giá venir meno Il duol, né posso far si che contrasti Con la sua forza o che a schernirsi basti Il cor del suo vorace aspro veneno».


St. IV, v. 3.      ... a te cui fato aspira
(v. 48)      benigno.

I vari usi del verbo «aspirare» cercali nei buoni scrittori latini e italiani; ché, se ti fiderai del Vocabolario della Crusca, giudicherai che questo verbo propriamente e unicamente significhi «desiderare e pretendere di conseguire»; laddove questa è forse la più lontana delle metafore che soglia patire il detto verbo. E ti farai maraviglia come Giusto dei Conti[4] pregasse «Amore che gli affrancasse e aspirasse la lingua», e come il Molza[5] dicesse che la «fortuna aspirava lieto corso ad Annibal Caro», e il Rucellai che «il sole aspira vapori caldi» e che «il vento aspira il freddo boreale»[6] e che «l’orto aspira odor di fiori e d’erbe»[7], e come Remigio fiorentino (avverti questo soprannome) scrivesse in figura di Fedra[8]: «Il qual sí come acerbamente infiamma Il petto a me (parla d’Amore), cosí benigno e pio A tutti i voti tuoi cortese aspiri». E prima[9] avea detto parimente d’Amore: «Cosí benigno ai miei bei voti aspiri». Similmente dice in

  1. Nelle edizioni posteriori:
    . . . O con l'umano
    valor forse contrasta il fato invano? [Ed.].
  2. Lione (Venezia), p. 7.
  3. Pag. 38.
  4. Bella mano, canzone i, stanza i.
  5. Sonetto: «Voi cui Fortuna lieto corso aspira».
  6. Api, v. 159.
  7. V. 404.
  8. Epistola 4 d’Ovidio, v. 309.
  9. V. 40.
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