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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Canti (Leopardi - Donati).djvu{{padleft:196|3|0]]
- St, I, v. 14. . . . O con l’umano
- valor contrasta il duro fato invano?[1]
Il Casa nella prima delle Orazioni per la lega[2]: «Né io voglio di questo contrastare con esso lui». E nell’altra[3]: «Conciossiaché di tesoro non possa alcuno pur col re solo contrastare». Angelo di Costanzo nel centesimosecondo sonetto: «Accrescer sento e non giá venir meno Il duol, né posso far si che contrasti Con la sua forza o che a schernirsi basti Il cor del suo vorace aspro veneno».
- St. IV, v. 3. ... a te cui fato aspira
- (v. 48) benigno.
I vari usi del verbo «aspirare» cercali nei buoni scrittori latini e italiani; ché, se ti fiderai del Vocabolario della Crusca, giudicherai che questo verbo propriamente e unicamente significhi «desiderare e pretendere di conseguire»; laddove questa è forse la più lontana delle metafore che soglia patire il detto verbo. E ti farai maraviglia come Giusto dei Conti[4] pregasse «Amore che gli affrancasse e aspirasse la lingua», e come il Molza[5] dicesse che la «fortuna aspirava lieto corso ad Annibal Caro», e il Rucellai che «il sole aspira vapori caldi» e che «il vento aspira il freddo boreale»[6] e che «l’orto aspira odor di fiori e d’erbe»[7], e come Remigio fiorentino (avverti questo soprannome) scrivesse in figura di Fedra[8]: «Il qual sí come acerbamente infiamma Il petto a me (parla d’Amore), cosí benigno e pio A tutti i voti tuoi cortese aspiri». E prima[9] avea detto parimente d’Amore: «Cosí benigno ai miei bei voti aspiri». Similmente dice in