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CANZONE NONA
INNO AI PATRIARCHI
VIII nella edizione definitiva, pag. 36.
Chiamo quest’inno, « canzone », per esser poema lirico, benché non abbia stanze né rime, ed atteso anche il proprio significato della voce «canzone», la quale importa il medesimo che la voce greca «ode», cioè «cantico». E mi sovviene che parecchi poemi lirici d’Orazio, non avendo strofe, e taluno oltre di ciò essendo composto d’una sola misura di versi, tuttavia si chiamano «odi» come gli altri; forse perché il nome appartiene alla qualitá non del metro ma del poema, o vogliamo dire al genere della cosa e non al taglio della veste. In ogni modo mi rimetto alla tua prudenza: e se qui non ti pare che ci abbia luogo il titolo di «canzone», radilo, scambialo, fa’ quello che tu vuoi.
- Verso 10. . . . equa[1]
Tra l’altre facezie del nostro Vocabolario, avverti anche questa, che la voce «equo» non si può dire, perché il Vocabolario la scarta, ma ben si possono dire quarantadue voci composte o derivate, ciascheduna delle quali comincia o deriva dalla suddetta parola.
- Verso 15. . . . e pervicace ingegno[2].
Qui non vale semplicemente «ostinato» e «che dura e insiste», ma oltre di ciò significa «temerario» e «che vuol fare e conseguire quello che non gli tocca né gli conviene». Orazio nell’ode terza del terzo libro[3]: «Non haec iocosae conveniunt lyrae. Quo, Musa, lendis? desine pervicax Referre sermones deorum,