< Pagina:Frascherie.djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.
130 Delle Frascherie

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Frascherie.djvu{{padleft:130|3|0]]tà che per lo più a’ costumi dell’animo è convenevole, non fanno i melensi, che il far ridere con maraviglia non è ordinaria fattura; ma come insegnò Horatio ne’ Ridicoli.

[1]Est quaedam tamen hic quoque virtus.

I Poeti si rassomigliano a Pittori, perche questi, come imitatori di Natura, non restringono la loro Arte più nel dissegno d’un Prencipe, che d’un Paltoniere, e però quei Poeti, i quali, scrivendo in grave, abborrono in altrui quelle argute facetie, di cui inesperti si palesano, può sanamento dirsi, c’habbiano di quel, che non fanno, cioè del Ridicolo.

I due stili, grave, e faceto in due fogge s’adattano alla satira, ò divisi, ò congiunti. Diviso il faceto leggesi in Giuvenale in quei versi,

[2]Incipe Calliope, licet hinc considerare non est
Cantandum: res vera agitur, narrate puellae.
Pierides prosit mihi vos dixisse puellas

Divisa poi con catena il satirico à questi versi una Virgiliana gravità, mentre dice.

[3]Cum iam semianimum laceraret Flavius orbem
Ultimos, & clavo serviret Roma Neroni.


  1. Horat.
  2. Juven.
  3. Juven.
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.