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Fascio Secondo. 181

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Frascherie.djvu{{padleft:181|3|0]]Parve à gli Uditori della Satira, ch’Egideargo l’havesse molto ben sonata à i Cantori Pegasini; ond’hebber tutti un insolito compiacimento della meritata censura; mà perche i Soggetti della maldicenza crescevano al sommo, parendo a’ Dicitori più numerose le follie humane di quel che si fussero l’hore, che a raccontarle porgevan agio, Stamperme spiegò nelle sue diffinitive decisioni i Processi universali delle moderne stoltitie, e così conchiuse.

S

On tanti gli Argomenti per le nostre Satire, Amici, che ben poss’io nell’Epilogo d’una sola restringendoli tutti, conchiudere questa sera con Horatio quel detto,

[1] — — — Huc propius me,
Dum doceo insanire omnes, nos ordine audite.

Sù la prova di questa Horatiana propositione hò in mente una nuova, e non insulsa Satira d’un Italiano Poeta, ma perché l’hora è tarda; e l’ombre della sera c’invitano à goder quei refrigerij, che ci negò il giorno, usciamo alquanto verso la spiaggia del Mare: che se la memoria non mi manca, farrovvene una ridicola narrativa in camino.

Uscì con la Brigata Stamperme, & a pena della sua Magione era fuori, che stimolato al racconto della promessa Satira, ne fè tosto a piano passo un disteso spiegamento di tal tenore.



  1. Horat.
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