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96 | Delle Frascherie |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Frascherie.djvu{{padleft:96|3|0]]cenza cosparsa: e la maniera di questa si reputò non meno gioconda, che ragionevole dal popolo, il qual godeva di veder repressa in tal guisa l’odiosa insolenza de’ Patritij
[1]Si quis erat dignus describi, quod malus, aut fur,
Aut mœchus foret; aut sicarius, aut alioqui
Famosus, multa, cum libertate notabant.
Domate finalmente le forze popolari in Athene, e riduto il dominio all’autorità di pochi, ma di potenti huomini, raffrenarono in gran parte i Poeti la loro maledica temerità, sbiggottiti particolarmente dall’esempio d’Eupoli, fatto annegare da Alcibiade[2]. Non est facile in eum scribere, cui potest proscribere, disse Pollione appresso Svetonio.
In questo fu promulgata una legge, che non ardisse alcuno d’esporre al publico Carmi infami contra i vivi.
[3]Sed in vitium libertas excidit, & vim
Dignam lege regi, lex est accepta, chorusque
Turpiter obticuit, sublato iure nocendi.
Ma perche i Poeti havendo nella detratione habituate le lingue; esclusi dal lacerare i vivi, tolsero dalla Scena il Choro, in cui soleva la principal maledicenza fondarsi, & inventando in sua vece alcu-