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ma non forse inutile. 453

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Goethe - Werther, 1873, trad. Ceroni.djvu{{padleft:459|3|0]]è che, combattuto uno di codesti monomani ragionanti, son combattuti tutti gli altri.

«L’umana natura — dice Werther — ha steso dintorno i suoi confini: gioie, dolori, patimenti, tutto essa può tollerare fino ad un certo limite: trasceso questo, rovina. Qui non si tratta, adunque, se il tale sia stato debole o forte; bensì se la misura del suo soffrire non oltrepassi il vigore, che Dio gli concedeva a sostenerlo — sia che il soffrire sia fisico o morale. Or io credo fermamente che tanto è strano il chiamar codardo l’uomo, che nell’eccesso del dolore spezza lo stame a’ suoi giorni, come sarebbe insensato chiamar codardo l’infermo che si morisse di febbre acuta.»[1]

  1. Lettera del 12 agosto 1771. — E l’Ortis: «Se non ci imputi (parlando della Natura) la infermità che ne uccide, vorrai forse imputarne le passioni, che hanno gli stessi effetti e la stessa sorgente, perchè de-
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