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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|I promessi sposi (1840).djvu{{padleft:856|3|0]]violenza della tortura sacrificarono ogni verità), servì di base a un vergognosissimo reato[1].” Ora, il lettore sa, e il Verri medesimo racconta che, di questi tre, due furon mossi a mentire dalle lusinghe dell’impunità, non dalla violenza della tortura.

Sentita quell’indegnissima filastrocca, il Padilla disse: di tutti questi huomini che V. S. mi ha nominato, io non conosco altro che il Fontana et il Tegnone (era un soprannome del Vedano); et tutto quello che V. S. ha detto che si legge in Processo per bocca di costoro, è la maggior falsità et mentita che si trouasse mai al mondo; nè è da credere che un Cavagliero par mio hauesse, nè trattato, nè pensato attione tanto infame come è questa; et prego Dio et sua Santa Madre, se queste cose sono vere, che mi confondano adesso; et spero in Dio che farò conoscere la falsità di questi huomini, et che sarà palese al mondo tutto.



Gli replicarono, per formalità e senza insistenza, che si risolvesse di dir la verità; e gl’intimarono il decreto del senato che lo costituiva reo d’aver composto e distribuito unguento venefico, e assoldato de’ complici. Io mi meraviglio molto, riprese, che il Senato sij venuto a resoluttione così grande, vedendosi et trouandosi che questa è

  1. Oss. § V, in fine.
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