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EGLOGA[1]


melibeo
Titiro, tu che d’un gran faggio all’ombra,
  A gambe aperte, stravaccato[2] stai,
  3Mangiando allegramente una cucombra,[3]

Un canonico sembri e chi sa mai,
  Chi potesse vederti le budelle,
  6Bollettario, anche te che sghissa[4] avrai!

Io stento invece e queste pecorelle
  Sono ormai senza tetto e senza pane
  9E campan di polenta e di sardelle.

Hai forse avuto eredità lontane?
  Hai rubato una pisside o un ciborio?
  12O ti fai mantener dalle sottane?

  1. Per errore di troppo eccitabile imaginazione, la Poetessa credette che S.M. l’Imperatore di Germania venisse l’ultima volta a Roma per chiedere al Sommo Pontefice il divorzio dalla Imperatrice e sposar quindi lei. — Vedi le note in fondo al capitolo.
  2. Coricato. Recubans sub tegmine fagi. Virg. Dum stravaccatae pegorae marezant. Merl. Coccai Zaniton.
  3. Cocomero, anguria. Cucurbita citrullus Linn.
  4. Appetito furibondo.
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