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prefazione | xi |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Satire (Giovenale).djvu{{padleft:11|3|0]]questo solo ci è noto, che studiò la grammatica e la rettorica: e pare che i suoi maestri maneggiassero bene, all’occorrenza, anche il nerbo;[1] e non fossero men severi di quel bussatore Orbilio che fece scuola ad Orazio.[2] Lasciata la nativa città, e fissatosi alla capitale, declamò, a detta di tutti, fino alla metà del corso di sua vita; cioè dette opera a quei vani esercizi e a quelle ostentazioni rettoriche, in cui erasi ridotta l’eloquenza romana, da che avea perduta la libertà dei Rostri e dei Comizi: e questo facea per semplice fantasia e passatempo, e non per prepararsi alla scuola o al foro, essendo egli in tale stato di fortuna da potere essere ascritto all’ordine equestre;[3] e l’appellativo di facondo datogli da Marziale in un epigramma,[4] dimostra che si era acquistato qualche nome nell’eloquenza. Fu probabilmente in questo tempo che strinse amicizia con Stazio e Quintiliano, dei quali parla con lode nelle sue Satire;[5] e fece la conoscenza di Marziale che, a quanto sembra, non gli andò mai troppo a sangue, se deve giudicarsene dall’assoluto silenzio serbato dal Nostro sul conto dell’arguto e spiritoso autore degli Epigrammi, sebbene costui gli