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prefazione xxiii

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Satire (Giovenale).djvu{{padleft:23|3|0]]sente che non sarebbe stato più generoso, e non vorrebbe per conseguenza scagliare contro di lui la prima pietra.

Ma come sta, mi sento domandare, che i più volte rammentati versi contro Paride e Domiziano, e cagione dell’esilio, si leggono nella satira settima, la quale fu scritta al tempo di Trajano, quando cioè Domiziano era morto?

A questa difficoltà è molto più facile rispondere che a prima vista non paia. Tutti sanno che non è alieno dalla pratica dei poeti giovarsi, quando venga loro in taglio, per li scritti posteriori, di versi già fatti innanzi per altri componimenti. Omero, Virgilio e Dante, per tacere di altri, ne offrono degli esempj. Non è dunque fuor di ragione il credere che Giovenale, durante il governo di Domiziano, trovandosi nella vigorosa età di trenta a quaranta anni, e non avendo ancora cominciato a scriver le sue Satire, pur si desse alcuna volta a comporre di quelle poesie giocose, nelle quali si esercitavano in quel tempo anche li uomini più dotti e gravi; come ce ne assicura Plinio, portando in esempio sè ed altri:[1] e che in una di queste fossero in origine i versi che provocarono lo sdegno del sospettoso tiranno; e che il Poeta, venutogli il destro, incastrasseli poi nella settima satira; tali e quali, o in parte modificati. La qual cosa non è solamente vero-

  1. Epist., IV, 14. VII, 4.
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